Provincia, la pausa caffè sarà più "salata": prezzi in crescita del 5,6 per cento
Meno dell'inflazione e quindi non c'è troppo da lamentarsi. Ma per chi il caffè lo prende dai distributori automatici sui corridoi c'è il "rischio" di dover fare qualche passo in più: l'azienda ha chiesto di dismettere 42 macchinette. Colpa forse dello smart working che porta alla scrivania meno persone
IL VIDEO L'inflazione resta a due cifre
TRENTO. L'inflazione si abbatte pure sulle macchinette del caffè e sulle pause dei dipendenti provinciali, che vedranno crescere i prezzi fino al 5,6%. Tutto sommato meno dell'inflazione, quindi c'è poco di cui lamentarsi. Anche perché ormai il caffè sui corridoi lo bevono in pochi, sempre meno: la stessa azienda ha chiesto (e ottenuto) di dismettere 42 distributori. Il 36% del totale.
Colpa forse dello smart working che porta alla scrivania meno persone o di un improvviso picco di produttività? Non è dato sapere. Ma la prima ipotesi sembra la più probabile, considerando che il calo di consumazioni è iniziato con il Covid. E nella contrattazione con il privato, la Provincia corre ai ripari, per venire incontro a chi deve versare un canone per ogni distributore. Perché un caffè dopo l'altro, le cifre in ballo sono interessanti. Anche se non ancora gestite attraverso una gara d'appalto: si va di proroga in proroga, perché incagliati dal ricorso pendente in Consiglio di Stato, sul tema dell'uso degli imballaggi di plastica.
Sulla pausa caffé alle macchinette degli uffici, si potrebbero scrivere trattati di sociologia. Dalla Provincia agli enti privati, cambia poco. Nel mondo moderno in cui si lavora sempre meno di squadra e in cui il collega più vicino diventa tristemente il computer, gli angoli in cui sono installati i distributori sono luogo di confronto, spesso di pettegolezzo di quel microcosmo che sono i luoghi di lavoro. Appoggiati alle macchinette si commentano ordini ricevuti, professionalità dei capi, nuove idee quando ce ne sono, ci si raccontano aneddoti personali. Intanto, si beve il caffè.
Nei giorni davvero tristi, si mangia un panino. Ecco, a garantire viveri a queste folle di lavoratori in cerca di modi per alzarsi la glicemia o il livello d'attenzione, ovviamente ci sono aziende che gestiscono i distributori installati negli uffici provinciali, garantendo a piazza Dante un canone, per ogni macchinetta. Erano 1.023,78 euro, nel 2015, a dicembre il canone era salito a 1.081,02 euro. Che, messi insieme i distributori, fa 125.398,32 euro nelle casse provinciali. Attorno a questo canone, un business evidentemente redditizio, per lo meno un tempo. Anzi, in crescita costante, fino al 2019.
Perché dal 2015, quando si è indetta l'ultima gara, il numero di distributori è sempre cresciuto. Anche perché bastò, nel 2016, una circolare dell'ufficio personale, per veder schizzare l'amore verso il caffè della macchinetta: all'epoca si impose ai dipendenti che sceglievano di consumare la pausa fuori dall'ufficio, di recuperare il tempo passato al bar - tecnicamente «pausa per assenza breve» - al termine della giornata, allungando quindi l'orario di servizio. E questo generò un picco di richieste, in tanti uffici. E si arrivò ai 116 distributori.
Poi arrivarono il Covid, il lockdown, gli uffici quasi chiusi o chiusi del tutto, lo smart working, che è rimasto, pur diversamente modulato, anche dopo la fase pandemica. E poi è arrivata la crisi energetica, che ha invitato a rivedere orari e ricorrere al telelavoro. Risultato: meno pause caffè, perché sono meno i dipendenti che girano per i corridoi. Ed ecco che adesso si dà una sforbiciata importante al numero di macchinette. E i prezzi? Evidentemente in Domatic hanno fatto i conti: i canoni, in questi anni di proroghe, sono aumentati di oltre il 5%, mentre i prezzi sono rimasti invariati. Ecco perché è stato chiesto, in fase di ulteriore proroga fino al prossimo 13 settembre, di permettere un ritocchino ai prezzo. Nella misura massima equivalente a quanto è aumentato il canone, quindi non oltre il 5%. Nulla di impossibile da sostenere, per i dipendenti provinciali, anche in considerazione del fatto che altrove i prezzi sono aumentati pure di più. Quanto alla questione seria, quella giuridica, si resta nella palude delle proroghe. Il tema è noto: la gara d'appalto che pure la Provincia aveva indetto, è di fatto congelata. Si era cercato di inserire nel capitolato l'obbligo di garantire forniture sostenibili, in tempi di sensibilità green.
Ma l'idea delle bottigliette di vetro e dei contenitori del caffé biodegradabili, aveva mandato in agitazione i colossi della plastica e del packaging - per capirsi: Federazione gomma plastica, Flo Spa, Isap Ackaging Spa, Confida, Aesse Service, Unione italiana food, Mineracqua - che avevano impugnato la delibera 2021 che aveva imposto di non usare più plastica nelle forniture pubbliche, comprese le confezioni monodose di cibo o bevande. Quindi si attende, e si va avanti a proroghe.