Stagionali, sul Garda trentino ne manca il 40%: nuove idee per il reclutamento
Battaiola (albergatori Asat): per il decreto flussi sono state presentate 3.300 domande dagli stagionali, ma ne sono andate a buon fine soltanto 900 fra turismo e agricoltura, 2.400 posti sono per rimasti vacanti
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TRENTO. Con le vacanze scolastiche pasquali cominciate ieri scatta ufficialmente la stagione turistica estiva sul lago di Garda. Ma non tutti gli alberghi e le strutture ricettive sono a ranghi completi per quanto riguarda il personale.
«La mia sensazione - spiega il presidente degli albergatori Asat Giovanni Battaiola - è che manchi il 40 per cento della forza lavoro che sarebbe necessaria per completare gli organici».
I numeri del 2022. Se come esercizio puramente teorico estendessimo questa percentuale su tutto il territorio stagionale avremmo un deficit di oltre 18mila lavoratori stagionali. Nel 2022, infatti, il personale impiegato in alberghi e pubblici esercizi del Trentino fu di 45.788 unità, secondo i dati dell’Agenzia del Lavoro. Nello specifico, 19.556 maschi e 26.232 donne.
Va specificato che per intercettare la stagionalità i dati sono costruiti sommando per tutti gli ambiti le assunzioni dei mesi da giugno a settembre compreso (stagione estiva della montagna) e di dicembre e gennaio - marzo (stagione invernale della montagna) per tutti gli ambiti escluso Alto Garda e Ledro che ha un'altra stagionalità. Per Alto Garda e Ledro il periodo considerato somma marzo - ottobre e anche il mese di dicembre che con il Natale muove delle attività.
Il decreto flussi. Le speranze di chi pensava che con la riapertura delle frontiere attraverso il cosiddetto “decreto flussi” la situazione potesse risolversi sono andate deluse. Nel click day del 27 marzo per un posto di lavoro in Trentino sono state presentate 3.300 domande dagli stagionali, ma ne sono andate a buon fine soltanto 900. Significa che 2.400 posti potenzialmente occupabili sono per il momento rimasti vacanti.
«E di questi 900 non possiamo sapere - commenta Battaiola - quanti siano del nostro ambito e quanti dell’agricoltura».
A livello nazionale della 240mila domande ne sono state accolte circa 80mila. «Il paradosso - dice Battaiola -è che si trattava di 240mila persone che di fatto avevano un contratto in mano con asseverazione fatta da un professionista sul fatto che l’impresa aveva la possibilità di assumere e una disponibilità certificata per un alloggio congruo. In pratica noi abbiamo lasciato a casa 160mila persone con il contratto e la disponibilità a lavorare».
Un controsenso vista l’estrema necessità di manodopera, tanto nel turismo quanto nell’agricoltura.
Il contratto integrativo. «La sua entrata in vigore da quest’anno senz’altro ci renderà più attrattivi rispetto ad altre zone d’Italia - spiega Battaiola -. Non solo per la parte salariale, visto che ormai le aziende devono contrattare con ogni dipendente, ma anche per la copertura sanitaria che garantisce e per i periodi di formazione pagata. Il problema, però, è trovare i potenziali lavoratori. Chiaro che se ci sono, poi i benefit che offriamo risultano interessanti».
Nella zona dell’Alto Garda è stata introdotta anche la «crew card» che permette agli stagionali di avere agevolazioni e sconti sui trasporti e sull’utilizzo delle strutture tipo piscine. Evidentemente, però, non basta.
Nuovo concetto. «Dobbiamo arrivare ad un modello nuovo per quanto riguarda l’occupazione nelle strutture ricettive. La pandemia ha cambiato l’approccio al lavoro e la sensibilità alla qualità della vita: anche a costo di guadagnare meno, la gente cerca lo smart working, le sere e i fine settimana liberi. Tutte cose che nel nostro settore non esistono» aggiunge Battaiola. «Potremmo ripiegare sugli stranieri che hanno più fame di lavoro, ma se le quote di ingresso sono ridotte non possono essere la soluzione».