Trento / L'evento

Stati generali del welfare, ecco come i giovani vorrebbero il lavoro

Una ricerca presentata oggi, 5 ottobre, all'incontro a Villa Sant'Ignazio, dall'Associazione giovani cooperatori trentini indica l'importanza attribuita alla crescita professionale e ai rapporti umani. La metà degli intervistati reputa insufficiente la retribuzione. La Cgil: in Italia si lavora troppo, oltre 400 ore in più all'anno rispetto alla Germania e altri Paesi europei

TRENTO. Avere la possibilità di crescere dal punto di vista professionale e stare in un ambiente che li valorizzi dal punto di vista umano ed economico. Sono queste le priorità per i giovani che muovono i primi passi nel mondo del lavoro emerse da un questionario somministrato dall'Associazione giovani cooperatori trentini ai loro associati e presentato in occasione degli Stati generali del welfare a Villa Sant'Ignazio, dedicati proprio alla "questione lavoro".

Hanno risposto alle domande 135 persone tra i 18 e i 35 anni. Il quesito che ha mosso la ricerca, spiega la presidente dell'Associazione Ilaria Rinaldi, era: "Per che cosa i giovani sono disposti a lavorare oggi?". Oltre al dato sull'importanza della crescita professionale e sulla formazione, che si trova al primo posto, dall'indagine sono emersi anche altri aspetti.

"Un dato interessante e credo anche positivo è il fatto che il 70% degli intervistati si sono detti orgogliosi di lavorare nel posto in cui lavorano. Da notare che la metà delle persone che hanno risposto è occupata in ambito sociale nel mondo cooperativo", spiega Rilandi.

Un altro aspetto è legato alla retribuzione. "Circa il 50% delle persone che hanno risposto alle nostre domande la ritiene inadeguata rispetto alla propria professionalità".

Inoltre la maggior parte delle persone tra i 18 e i 35 anni che costituiscono il campione della ricerca, aggiunge la presidente dell'Associazione, "non ritiene che la sicurezza del posto di lavoro sia così importante; o almeno non lo è quanto aspetti come la crescita professionale e l'equilibrio vita-lavoro". Dai dati emerge che la maggior parte (98,4%) dei giovani sente di "offrire motivazione e responsabilità per ciò che gli viene affidato".

"Sentono di essere in linea con quella che è la richiesta di lavoro che gli viene fatta", commenta Rinaldi. "Dall'altra però percepiscono di non avere lo stesso allineamento in quello che gli viene offerto quanto a valorizzazione - economica e non - e ambiente di lavoro. Inoltre emerge come la scarsa comunicazione e la confusione dei ruoli possa rovinare l'ambiente".

Le persone che stanno ancora studiando che hanno risposto al questionario hanno l'aspirazione di "sentire di riuscire a fare la differenza" con il proprio futuro lavoro.

CGIL: IN ITALIA TROPPE ORE DI LAVORO

In Italia si lavora oltre 400 ore in più all'anno rispetto alla Germania e ad altri Paesi europei, per un numero maggiore di anni e con salari inferiori. Secondo il segretario della Cgil del Trentino Andrea Grosselli quella del tempo è una caratteristica fondamentale per il "buon lavoro".

E proprio per la sproporzione tra Italia ed Europa "siamo meno attrattivi", ha detto in occasione degli Stati generali del welfare, sollecitando la pubblica amministrazione a investire maggiormente nel welfare e suggerendo la creazione di un ente multilaterale per il lavoro sociale con Cooperazione, sindacati, pubblica amministrazione e ricerca. Si è discusso anche di lavoro femminile con la scrittrice e giornalista Lidia Rivera.

"Alle donne - ha detto - viene posta una domanda indecente, cioè scegliere tra dare la vita ed occuparsi della propria vita. Le donne quando entrano nel mondo del lavoro sentono fischiare questo motivetto; quindi, al primo figlio tornano a casa o rinunciano". Lo storico Francesco Filippi ha puntato invece sulla narrazione del concetto di lavoro.

"Nella narrazione passata - ha ricordato - il lavoro è dovere e diritto. Diritto perché creava una sorta di promessa di progresso, di ricchezza futura, di strumento per realizzare i sogni. E ciò è avvenuto. Ogni generazione ha compiuto dei progressi rispetto alla precedente. Fino al 2000. Chi è nato dopo, rappresenta la prima generazione che starà peggio dei genitori, perché si è rotta l'ascesa. E questo ha cambiato il lavoro e la sua narrazione".

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