80 anni Uto Ughi: "Il violino non perdona se lo si trascura"
(ANSA) - ROMA, 14 GEN - ''Il violino non perdona se lo si trascura. Paganini diceva: se sto un giorno senza studiare me ne accorgo io, se sto due giorni se ne accorgono gli altri. E' un tiranno inesorabile, non dà tregua''. Al traguardo degli 80 anni, che festeggia il 21 gennaio, Uto Ughi traccia il bilancio di una vita spesa a sfidare lo strumento che gli ha dato la fama mondiale. Il racconto del violinista, erede della grande scuola italiana, è una cavalcata nella storia della musica classica del secondo '900. Futuri solisti e direttori illustri come Barenboim, Metha e Accardo hanno studiato con lui; il compositore George Enescu è stato suo maestro, ha studiato a Siena dove tenevano lezioni Artur Rubinstein, Andrès Segovia e Pablo Casals; si è esibito con i più grandi nomi del podio da Pretre a Sawallish a Celibidache, Rostropovich era suo amico. L' elenco potrebbe andare avanti così come per le sale da concerto internazionali dove è stato applaudito. Severo ed esigente, Ughi non si fa sconti. ''Sono un ricercatore inappagabile - dice in un'intervista all'ANSA - scontento di se stesso ma sempre con il desiderio di migliorare e di riuscire a condividere la gioia di fare musica''. Per il suo compleanno un regalo lo farebbe contento: ''Un nuovo Guarneri dalla voce svettante - risponde - ancora fresco come era all' origine, non stanco dopo anni di sviolinamento'' come il violino del 1774 dalla voce più scura che suona da anni in coppia con l'eccezionale Stradivari del 1701 appartenuto a Rodolphe Kreutzer, al quale Beethoven dedicò la celebre sonata. L' amore per la musica ha origini familiari antiche. La nonna paterna, austriaca diplomata al conservatorio, volle che tutti i figli imparassero a suonare uno strumento. Dei primi anni di studio Ughi conserva bei ricordi. ''Andavo a Milano - dice il musicista nato a Busto Arsizio - a sentire i concerti dei grandi violinisti dell' poca. Il primo fu Jascha Heifetz al Teatro Nuovo. Cominciai a studiare al conservatorio di Milano, poi a Parigi, l' esperienza più intensa fu con Enescu all' Ecole Normale''. Il maestro lo aveva portato all' Accademia Chigiana dove teneva corsi. ''Siena fu per me il mondo che si apriva - dice ricordando che dal febbraio scorso cura la direzione artistica delle celebrazioni del centenario dell'Accademia -. Andavamo da una classe all' altra per seguire la chitarra di Segovia, il violoncello di Casals, il pianoforte di Rubinstein. Era il Simposio, il Gotha della musica occidentale''. Dopo il debutto in pubblico a 7 anni al Teatro Lirico di Milano, a 10 la prima esperienza con l' orchestra nel concerto di Mendelsshon e la Ciaccona di Bach, poi ancora studi tra Parigi, Vienna e Ginevra, dove si è diplomato a 16 anni. Maestro, quanto tempo dedica al suo strumento? ''Non c' è una regola, dipende dell' obiettivo e dall' opera che si vuole eseguire. Bach, ad esempio, va studiato tutta la vita. E' il padre della grande musica, la Bibbia, il Vangelo''. Anche per i maestri e i direttori da ringraziare la classifica è difficile, ma la predilezione è per Arthur Rubinstein, ''artista sublime, un campione anche della condivisione, sapeva trasmettere emozioni come nessun altro''. Da tempo il suo maggior rammarico è l' indifferenza e l'insensibilità della politica per l' insegnamento della musica nelle scuole, ancor più grave - sottolinea - in un Paese che ha 80 conservatori ma pochissime orchestre. Per questo, dopo aver promosso per anni festival a Venezia e a Roma e tanti concerti guardando alle nuove generazioni, lo scorso ottobre ha lanciato la Fondazione che porta il suo nome, diretta da Natascia Chiarlo, vicepresidente e sua stretta collaboratrice artistica. ''Non mi sono speso abbastanza per i giovani. Dovrei fare molto di più. L' obiettivo è dare un minimo di educazione musicale di cui hanno bisogno i ragazzi, far sapere loro che l' Italia è stato un paese fertilissimo di idee musicali, abbiamo avuto insieme con la Germania e la Russia i più grandi musicisti ma nessuno li conosce. In questo modo speriamo di raccogliere consensi e aprire strade poco battute''. Perchè l' Italia non è all'altezza della sua tradizione musicale? ''E' mancata la volontà politica di trasmettere cultura. Penso che sia una cosa voluta per disorientare e tenere basso il livello della gente. I ragazzi sono totalmente a digiuno. Oggi ci sono solo le canzonette e il Festival di Sanremo. Non c' è una par condicio di informazione tra la musica classica e gli altri generi''. Recentemente ha fatto discutere il concerto di Paolo Conte alla Scala. Lei da che parte sta? ''C è una grandissima confusione di categorie. Non ho niente contro Conte, che conosco poco. Non so se è giusto farlo suonare alla Scala, dove un tempo si esibivano i grandi della musica classica. La musica leggera, pop e rock hanno tutte le piazze aperte, perchè devono 'contaminare' i templi dove hanno cantato la Callas o Caruso? Perchè bisogna aprire anche quelle porte quando alla classica non viene concesso nulla?''. '''Festeggerò il mio compleanno con la musica - conclude -. Il giorno seguente ho un concerto al Teatro Carlo Felice di Genova. E' bello fare festa in questo modo. La musica è condivisione''. (ANSA).