Semenya vince a Strasburgo, non in pista ma in aula
(ANSA) - ROMA, 11 LUG - Caster Semenya ha vinto una battaglia, ma non ancora la sua guerra contro quello che oggi la Corte europea dei diritti dell'uomo ha riconosciuto essere un atto "discriminatorio" ai danni della 32enne mezzofondista sudafricana. Alla Semenya è vietato partecipare a determinate gare perché rifiuta di sottoporsi alle cure che servono ad abbassare i livelli troppo alti di testosterone, una disfunzione genetica che le causa l'iperandroginia. Nel 2020 la giustizia svizzera aveva confermato una decisione del Tribunale arbitrale dello sport (Tas) che convalidava un regolamento della Federazione internazionale di Atletica Leggera (World Athletics, ex-IAAF). Questo costringe l'atleta, due volte campionessa olimpica negli 800, a sottoporsi a cure ormonali per abbassare i livelli di testosterone se vuole prendere il via sulla sua distanza preferita. Quella della Semenya è però una vittoria zoppa, perché la sentenza non invalida il regolamento di World Athletics e non le apre direttamente la strada per partecipare agli 800 metri senza cure. "World Athletics prende atto della decisione di una camera molto divisa della Corte europea", ha reagito la federazione in un comunicato stampa. "La nostra opinione rimane che i regolamenti DSD (dall'acronimo disorders of sex development, ndr) sono un mezzo necessario, ragionevole e proporzionato per proteggere la concorrenza leale nella categoria femminile". "La Svizzera ha oltrepassato il ridotto margine di discrezionalità di cui godeva nel caso di specie, che riguardava una discriminazione fondata sul sesso e sulle caratteristiche sessuali, che può essere giustificata solo da 'considerazioni molto forti' ", ha ritenuto il tribunale di Strasburgo. "La rilevante posta in gioco per il ricorrente e il ridotto margine di discrezionalità dello Stato convenuto avrebbero dovuto comportare un approfondito controllo istituzionale e procedurale, di cui il ricorrente non ha beneficiato in questo caso", aggiunge il Tribunale, che si è spaccato con quattro giudici a favore e tre contrari. La Cedu ritiene dunque che la Svizzera abbia violato l'articolo 14 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo, relativo al divieto di discriminazione, combinato con l'articolo 8, che tutela la diritto alla riservatezza. Inoltre, vi è stata anche violazione dell'articolo 13, relativo al diritto a un ricorso effettivo. Semenya, che da oltre 10 anni lotta contro World Athletics, non aveva chiesto alcuna somma per danni materiali o morali, ma la Corte ha deciso che la Svizzera deve pagarle 60.000 euro di spese processuali. (ANSA).