Trivellazioni petrolifere in mare Primo dietrofront del governo
La mobilitazione sta dando i suoi frutti. «Ombrina mare» e altri impianti di estrazione petrolifera entro le 12 miglia in Adriatico, a meno di colpi di scena, non vedranno mai la luce.
Un emendamento presentato dal governo alla legge di stabilità ripristina tale limite per le trivelle e, di fatto, segna un primo successo nella lotta alla deriva petrolifera in Italia.
Nel caso specifico, salvaguarda le coste dell’Abruzzo e del vicino Molise, due regioni dove, negli ultimi mesi, sono state molteplici le iniziative di protesta contro il progetto di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi della Rockhopper. Tra l’altro previsto a due passi da un parco marino in attesa di essere ratificato da Roma.
L’emendamento, spiega una nota delle associazioni confluite nel «Coordinamento No Ombrina», prevede il ripristino del divieto delle 12 miglia facendo salvi solo i titoli abilitativi già rilasciati.
«Ombrina, ad oggi, non ha la concessione di coltivazione non essendo stato pubblicato il decreto sul bollettino dell’Unmig, il Bollettino ufficiale per gli idrocarburi e le georisorse. È, quindi, una vera e propria corsa contro il tempo».
Il testo introdotto ferma l’impianto di Ombrina mare, previsto al largo delle coste abruzzesi e da anni al centro di proteste e mobilitazioni popolari in tutta la regione e in Molise. Iniziative sfociate anche nei sei quesiti referendari sul tema richiesti da dieci Regioni a cui la Cassazione ha dato il via libera il 28 novembre.
«L’emendamento della maggioranza alla legge di stabilità è una buona notizia per gli abruzzesi e tutti gli italiani - commenta il deputato del Movimento 5 Stelle Gianluca Vacca - A meno di colpi di scena dell’ultimo minuto la storia di Ombrina nei prossimi giorni potrebbe considerarsi chiusa. È l’ennesima dimostrazione che le lotte di territorio e della popolazione non possono restare inascoltate per sempre».
Sul testo il Coordinamento No Ombrina fa notare che «un aspetto negativo riguarda l’abrogazione della previsione del cosiddetto Piano delle aree, inserito a ottobre 2014 nel passaggio in Parlamento per la conversione in legge dello Sblocca Italia», una norma, sottolinea ancora il sodalizio, «scritta male perché affidava al ministero dello sviluppo economico il potere di approvare il Piano senza l’accordo con le Regioni e gli enti locali».
Le associazioni che per anni si sono battute per tutelare le coste annunciano che «la lotta continuerà anche per i progetti collegati agli idrocarburi fuori le 12 miglia e in terraferma, visto che tutti gli scienziati considerano ormai indispensabile lasciare gli idrocarburi nel sottosuolo» e attendono «gli esiti del confronto parlamentare, comunque pronte a ogni ulteriore mobilitazione».
Nel 2015 diverse manifestazioni di piazza avevano sollecitato il governo a tornare sui propri passi in tema di trivelle: in 60.000 avevano marciato in corteo a Lanciano (Chieti), in tanti hanno protestato a L’Aquila durante la visita del premier Renzi ad agosto, a Roma in centinaia, compresi esponenti di enti locali, avevano sfilato a novembre sotto al Ministero durante una riunione della Conferenza dei servizi poi rinviata.
A margine della recente Conferenza di Parigi sui mutamenti climatici, Roma aveva fra l’altro siglato con altri Paesi una dichiarazione di intenti per il superamento delle energie da fonti fossili, il che, avevano osservato in molti, rende ancora più evidente la contraddizione con la scelta di favorire investimenti nel settore petrolifero nei mari italiani.