Trivelle petrolifere, referendum in aprile Accuse al governo: data truffaldina
Il consiglio dei ministri ha fissato il referendum chiesto dalle Regioni per fermare le trivellazioni petrolifere: la consultazione si terrà il 17 aprile, sllegata dal voto amministrativo di primavera.
La decisione di chiamare i cittadini al voto in sede separata dalle elezioni sta suscitando numerose critiche verso il governo Renzi, accusato da molti di voler favorire il fallimento del referendum per mancato raggiungimento del quorum.
Il decreto riguarda l’indizione del referendum popolare relativo «all’abrogazione della previsione che le attività di coltivazione di idrocarburi relative a provvedimenti concessori già rilasciati in zone di mare entro dodici miglia marine hanno durata pari alla vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale».
«Il governo - commenta il deputato di Possibile Pippo Civati - con questa decisione è riuscito nel capolavoro di fare una scelta doppiamente sbagliata. Non era facile. Senza accorpare referendum ed elezioni amministrative si spenderanno infatti ben 300 milioni di euro dei contribuenti.
E pensare che solo fino a poche settimane fa Renzi avrebbe voluto accorpare referendum costituzionale e amministrative: pare che il premier si trovi a suo agio a sguazzare nelle contraddizioni senza alcun pudore. È chiaro che l’ovvio obiettivo di questa manovra è quello di impedire che si raggiunga il quorum, così da rendere inutile la consultazione.
Una consultazione richiesta da Regioni spesso guidate dal partito di cui il premier è segretario.
Secondo punto: con questa mossa il governo ha ribadito una volta di più che i cittadini e le loro scelte non contano nulla e vengono puntualmente umiliati. Ormai conta solo il disegno di potere del governo Alfano-Renzi».
Critico anche il presidente del consiglio regionale della Basilicata, Piero Lacorazza (Pd): «Evidentemente al governo manca il coraggio di far scegliere agli italiani. In questo modo non solo si rifiuta l’accorpamento con le amministrative, che farebbe risparmiare 300 milioni di euro, ma si finisce per mortificare ogni possibilità di partecipazione consapevole dei cittadini alla consultazione referendaria, che per sua natura ha bisogno di un tempo utile per conoscere e valutare il quesito che viene posto agli italiani.
E due mesi, come tutti possono facilmente osservare, non bastano neanche per aprire la discussione.
Spiace che il presidente del consiglio Renzi non abbia voluto cogliere la vera sfida che il quesito referendario, così come per altri versi i conflitti di attribuzione sul piano delle aree e sulla durata delle concessioni, pongono a chi governa: la necessità di attivare un percorso democratico, di coinvolgere le istituzioni di prossimità e i territori nelle decisioni che li riguardano».
Secondo Lacorazza, «non resta che appellarsi nuovamente al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per chiedere una ulteriore riflessione sulla scelta proposta dal governo.
Il corpo elettorale venga convocato per la consultazione popolare nel medesimo giorno delle elezioni amministrative, per permettere ai cittadini di essere informati sulla scelta da compiere e quindi di partecipare in maniera consapevole».
Di scelta «truffaldina» parla anche il gruppo di Sinistra italiana, con Nicola Fratoianni: «L’appuntamento referendario non viene accorpato con le prossime elezioni amministrative come da più parti è stato chiesto dalle Regioni alle associazioni ambientaliste.
Sinistra italiana ha presentato un’apposita proposta di legge, semplice e snella di due articoli, che potrebbe essere approvata in 24 ore se solo si volesse: si risparmierebbero 300 milioni di euro degli italiani.
Con questa decisione il governo Renzi rivela il suo volto, il volto di un governo di furbetti, il volto di un governo fossile di chi ama le energie fossili e chi vuole».
Attaccano il governo anche i senatori siciliani del gruppo Alleanza Liberalpopolare-Autonomie Giuseppe Ruvolo, Giuseppe Compagnone e Antonio Scavone: «È inspiegabile la scelta del governo di indire il referendum sulle trivellazioni il 17 aprile senza accorparlo con le elezioni amministrative. «Unire le due date avrebbe consentito, infatti, un notevole risparmio economico. Verrebbe quasi da pensare che sia stata una scelta dettata dal timore di un’eccessiva affluenza alle urne. Si spera forse che così facendo saranno pochi gli italiani che si recheranno ai seggi per esprimere un secco no allo scempio del nostro mare?
Naturalmente, nonostante sia una questione che riguarda anche la Sicilia, dal governo Crocetta non arriva una parola in merito. Questa - concludono i tre senatori del gruppo Ala - è una battaglia che ci vede da sempre in prima fila e che continueremo a portare avanti per difendere l’ambiente, la biodiversità e il turismo marittimo».
Per parte sua, Alternativa Libera ha già inviato una lettera al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per «chiedere un incontro nel quale discutere della possibilità di celebrare in un’unica data il primo turno delle elezioni amministrative e la consultazione referendaria sulle trivellazioni petrolifere».