Sversamento di greggio Gli abitanti: «Aria irrespirabile»
«Ho sentito un botto e dalla finestra ho visto una marea nera che veniva giù nel torrente. Subito abbiamo pensato che avesse a che fare con la discarica di Scarpino, poi sono andato su, risalendo la creuza e ho visto uno zampillo alto dieci metri». Lo racconta Romolo Santagata, che abita in Salita Pianego a Fegino a poche decine di metri da dove domenica sera è esploso il tubo della Iplom riversando 600 mila litri di petrolio nel rio e poi nel Polcevera. A meno di 48 ore dal disastro i vigili del fuoco se ne sono andati. Lungo il rio Fegino e poi più su, verso il Pianego, restano gli uomini delle ditte chiamate dalla Iplom.
C’è un autospurgo che lavora in via Borzoli mentre nel rio Pianego due operai con stivali, mascherine e tute bianche immergono nel petrolio fogli assorbenti e poi li chiudono in secchi dell’immondizia. «A questo punto faremmo prima noi con le spugne» dicono gli abitanti della zona che sono venuti a verificare l’andamento dei lavori.
Qualcuno ha addosso una mascherina. «Tutti ci dicono di non preoccuparci - dice Stefania Fenu - ma è da domenica sera che la gente ha mal di testa perenne e mal di gola e con l’arrivo del caldo l’aria è diventata irrespirabile. Meno male che la scuola ha riaperto e i bambini sono al chiuso, di certo di lasciarli giocare fuori non se ne parla».
Qualcuno si domanda ancora come tutto questo sia potuto accadere: «Non è possibile che un’infrastruttura considerata strategica come questa sia gestita con sistemi così antiquati - denuncia Maurizio Aiello - tanto che i tecnici della Iplom sono arrivati due ore dopo e la valvola l’hanno dovuta chiudere manualmente». Ora ciò che chiedono gli abitanti è che la bonifica sia fatta in fretta: «Bisogna togliere tutto prima che si infiltri troppo nella terra e prima che piova - dice Antonella Marras -. Non permetteremo che ripristinino l’impianto prima di aver riparato a questo disastro».