Rifiuti tossici nel terreno Fermata la «banda toscana»
Scarti industriali in territori agricoli e a vocazione turistica. L’operazione di Finanza, Corpo forestale dello Stato e Arpat
Scarti industriali altamente tossici smaltiti senza essere trattati, dispersi nell’ambiente anche tramite l’incenerimento e fanghi nocivi riversati in terreni di aziende agricole poi adibiti a coltivazioni di grano. È quanto scoperto dai militari della guardia di finanza nel corso delle indagini che hanno portato all’arresto, in esecuzione di custodia cautelare ai domiciliari, di sei imprenditori - cinque residenti a Lucca e uno a Padova - titolari di aziende operanti nel settore della lavorazione dei rifiuti speciali.
Complessivamente sono 31 le persone indagate nell’ambito dell’inchiesta della Dda di Firenze. Secondo quanto spiegato dalla Gdf in una nota, le indagini hanno permesso di scoprire «una ramificata organizzazione criminale composta da imprenditori operanti per lo più in territorio toscano (nelle province di Pistoia, Lucca e Pisa)», titolari di aziende «collegate con imprese dell’area campana gravitanti nell’orbita dei clan dei Casalesi e della cosca Belforte del comune di Marcinise (Caserta)».
In particolare, un’impresa di Pescia (Pistoia), avrebbe smaltito illecitamente, attraverso una ripulitura fittizia e l’incenerimento, scarti di lavorazione provenienti dal ciclo produttivo della carta (pulper), contenenti sostanze chimiche molto nocive per la salute, interponendosi tra due importanti cartiere della Lucchesia - i cui titolari risultano tra gli indagati - e i vari impianti di smaltimento di Lucca, Livorno, Terni e Brescia.
Tra il 2013 e il 2014 in questo modo sarebbero state smaltite 36 mila tonnellate di rifiuti, con un profitto illecito di 2,2 milioni di euro, oltre a 75 mila euro di illeciti guadagni dovuti al mancato pagamento dell’ecotassa regionale.
Il secondo filone d’indagine si è focalizzato sull’attività di una società pisana, divenuta leader nel trattamento dei prodotti reflui originati da diversi depuratori di fanghi industriali della Toscana.
L’azienda, grazie alla connivenza dei proprietari che venivano risarciti con somme di denaro, avrebbe sversato circa 45 mila tonnellate di fanghi in terreni agricoli su cui poi veniva coltivato prevalentemente grano, per una superficie complessiva di 800 ettari, nelle zone di Peccioli (Pisa), Palaia (Pisa) e Montaione (Firenze), con guadagni illeciti per circa 2 milioni di euro.
Le indagini, scattate due anni fa e coordinate dal pm Giulio Monferini e condotte dai miliari del Gico di Firenze, sono state condotte anche attraverso riprese video e fotografiche effettuate ad alta quota dai mezzi del comando aeronavale della guardia di finanza di stanza a Pratica di Mare (Roma), che hanno permesso in particolare di documentare gli sversamenti di prodotti nocivi nei terreni e di registrare il progressivo deterioramento delle aree boschive e lacustri interessate.
Gli accertamenti sono stati condotti inoltre attraverso intercettazioni telefoniche e telematiche. All’operazione hanno collaborato anche il Corpo forestale dello Stato di Firenze e l’Arpat, per l’analisi chimica dei campioni di acque e terreni.
«Si tratta - ha affermato il procuratore capo di Firenze e della Dda Giuseppe Creazzo - di un’operazione di grande importanza -. Questa mattina abbiamo eseguito ispezioni e perquisizioni che ci hanno permesso di acquisire ulteriori elementi di riscontro».
Gli inquirenti, ha aggiunto Creazzo, avevano contestato agli indagati anche «l’aggravante mafiosa e l’associazione per delinquere, ma le ipotesi non sono state accettate dal gip».