Acqua: al festival di Bressanone Philippe Daverio richiama l'importanza dell'Unione europea
«L’ecosistema non sa che c’è la frontiera. Una centrale nucleare che va in crisi nel sud della Francia è come se andasse in crisi in Piemonte; un sistema idrico che va in crisi in una parte d’Europa finisce con l’avere ripercussioni nei mari che sono di tutti quanti».
Lo ha detto Philippe Daverio, intervenendo a Bressanone al Festival dell’acqua di Utilitalia, la Federazione delle imprese di acqua energia e ambiente.
«L’ecologia in generale, la preservazione complessiva di cui l’ambito idrico è centrale - ha aggiunto lo storico dell’arte che ha anche tenuto una lectio magistralis presso la facoltà di Scienze della formazione nella sede brissinese della Libera università di Bolzano - è un sistema che segna delle relazioni che sono completamente diverse da quelle frontiere. Il sistema complessivo delle acque e tutta l’evoluzione successiva che si fonda sulla capacità di dominarle, di controllarle e di utilizzarle ne fanno il nostro tessuto portante».
«Oggi ragionare in questi termini, e su questi problemi, significa ragionare necessariamente in chiave europeista. Non ci sono frontiere non ci sono limiti; o si decide insieme o non succede nulla», ha concluso Daverio.
Presentata al festival anche la fotografia dell’acqua in Italia scattata dai nuovi dati del Blue Book, la monografia sull’industria del servizio idrico integrato realizzata dalla Fondazione Utilitatis, il centro ricerche di Utilitalia.
Crescono gli investimenti e diminuiscono le aree sotto infrazione europea per la depurazione; la gestione diventa sempre più «industriale» anche se il Sud rimane indietro rispetto al resto del Paese; si fanno passi avanti verso una gestione unica degli ambiti territoriali, mentre la tariffa è ancora tra le più basse d’Europa: è la fotografia dell’acqua in Italia scattata dai nuovi dati del Blue Book, la monografia sull’industria del servizio idrico integrato realizzata dalla Fondazione Utilitatis, il centro ricerche di Utilitalia, la Federazione delle imprese di acqua energia e ambiente, in un’anteprima presentata nella giornata conclusiva del Festival dell’Acqua a Bressanone.
Sul fronte tariffario l’Italia resta ancora uno dei Paesi con i livelli più bassi.
Lo stesso metro cubo di acqua che a Roma si paga 1,69 dollari (rilevazione 2017), a Berlino costa 5,4 dollari, a Oslo 4,7 dollari, a Parigi 3,5 dollari e a Londra 2,6 dollari.
La media annuale degli investimenti lordi effettivamente realizzati, da una prima stima su un bacino di oltre 32 milioni di abitanti, ammonta, riferisce il Blue Book, a 37 euro a persona, avvicinandosi al valore di 40 euro pro-capite nel caso dei gestori verticalmente integrati.
Sul fronte delle infrazioni europee, inflitte all’Italia per il mancato o non corretto adempimento della direttiva europea sulle acque reflue, gli agglomerati relativi alla prima procedura di infrazione (2004/2034), per la quale la Corte di giustizia ha già irrogato una multa, si sono ridotti da 109 a 74, mentre per la seconda infrazione giunta a sentenza (2009/2034) sono stati sanati 27 siti irregolari su 41.
Giovanni Valotti, presidente di Utilitalia, ha osservato: «Se vogliamo migliorare il servizio finale al cittadino, dobbiamo avere imprese efficienti, poco importa la natura giuridica di queste imprese».
Tra gli invitati al confronto sulla proposta di riforma, anche la prima firmataria del ddl dei 5 stelle, Federica Daga.
«La crisi idrica ci ha detto chiaramente che le privatizzazioni degli ultimi vent’anni non hanno dato i risultati promessi», sostiene la deputata. «Con infrastrutture che perdono in media il 40% e depurazione e fognature sotto infrazione - aggiunge Daga - forse è il caso che tutti insieme ci mettiamo a rivedere questo sistema di gestione del servizio idrico in Italia».
«In questo momento - prosegue la deputata M5s - il tavolo è apparecchiato in un certo modo. Insieme, però, possiamo arrivare, anche con tempi dilatati, ad una ripubblicizzazione serena e tranquilla. L’obiettivo finale è quello di ridare un volano agli investimenti nelle infrastrutture idriche».
«L’acqua è già pubblica. Il prezzo, gli standard di qualità, il piano di investimenti da realizzare: tutto ciò è definito da un’autorità pubblica», sottolinea dal canto suo il presidente di Utilitalia, secondo il quale serve piuttosto «una strategia sull’acqua» meglio se «integrata con energia e clima».
«E questo spetta al parlamento e al governo», dice Valotti che immagina anche «un’autorità di regolazione forte ed indipendente che detti le regole del gioco e controlli l’operato delle imprese» per le quali saranno inevitabili «processi di aggregazione».