Stop alle scalate dell'Uluru la montagna sacra degli aborigeni australiani
Si è conclusa ieri una lunga controversia culturale in Australia: scatta infatti da oggi il divieto di scalare la montagna sacra aborigena di Uluru (chiamata Ayers Rock dai colonizzatori britannici), che si erge nel centro desertico dell’Australia ed è meta sin dagli anni ‘50 di un flusso ininterrotto di turisti.
Il divieto ai visitatori di scalarla soddisfa dopo decenni le richieste gli originali abitanti dell’area, gli aborigeni Anangu, che si oppongono all’uso ricreativo della montagna e considerano i sentieri verso la cima luoghi sacri rituali degli uomini, proibiti agli estranei.
Centinaia di turisti anche ieri nell’ultimo giorno di accesso, come nelle scorse settimane, hanno affollato gli scoscesi sentieri che portano alla cima del monolito di arenaria rossa di 248 metri, con un caldo di oltre 30 gradi, gettando gli ultimi sguardi sul paesaggio lunare del centro Australia.
Gli aerei in arrivo all’aeroporto di Ayers Rock erano pieni al massimo nelle ultime settimane. Molti turisti stranieri, particolarmente dal Giappone, hanno preso un volo di prima mattina e si sono affrettati a compiere la scalata, per tornare in aeroporto in tempo per uno volo di ritorno. Il giorno della chiusura è legato all’anniversario del 26 ottobre, giorno in cui nel 1985 Uluru e il circostante parco nazionale di Kata Tjuta furono restituiti al popolo Anangu su iniziativa dell’allora primo ministro laburista Bob Hawke. Sammy Wilson, parte del popolo Anangu, ha spiegato perché la sua gente si oppone alla scalata.
«Se io visito un altro paese e vi è un luogo sacro, un’area di accesso ristretto, io non entro o non ci salgo sopra, lo rispetto», ha detto alla radio nazionale Abc. E’ lo stesso qui per la nazione Anangu. Noi diamo il benvenuto ai turisti e non ci opponiamo al turismo, ma solo a questa attività, ovvero scalare Uluru».