Scala in un giorno sei vie sulle Pale di San Martino: l'impresa della guida alpina trentina Peter Moser
"Ho voluto mettere al centro la montagna. Non è stata solo la ricerca di una performance, anzi era l'ultimo dei miei obiettivi. Era anche una ricerca delle mie origini. Il mio obiettivo era vivere l'avventura, non misurare il tempo. I leggendari pionieri ci hanno messo 20 anni per salire queste cime, a me, grazie al loro lavoro e alla loro genialità, è bastato un giorno"
PRIMIERO. Le Pale di San Martino tornano protagoniste in un corto mozzafiato, che ripercorre l'impresa estiva di Peter Moser, guida alpina trentina.
La cinepresa lo segue nel saliscendi "in velocità, ma senza fretta" del 10 agosto scorso, quando concatena sei iconiche cime di fila in una giornata, seguendo le vie dei primi scalatori che impiegarono due decenni.
Il titolo del documentario è "Pionieri", un omaggio alle vecchie guardie che permettono ancora agli alpinisti moderni di realizzare il sogno di aprire nuove strade.
"Ho voluto mettere al centro la montagna. Non è stata solo la ricerca di una performance, anzi era l'ultimo dei miei obiettivi. Era anche una ricerca delle mie origini, come guida e come alpinista, andando alle radici dell'alpinismo. L'ho fatto senza il cronometro. Il mio obiettivo era vivere l'avventura, non misurare il tempo. I leggendari pionieri ci hanno messo 20 anni per salire queste cime, a me, grazie al loro lavoro e alla loro genialità, è bastato un giorno".
Poco dopo la metà dell'800, quando i primi viaggiatori inglesi videro le Pale di San Martino, rimasero colpiti dalla maestosità delle cime, in gran parte ancora tutte da salire: cominciò un periodo di scoperta e conquista. Il primo playground fu, nel 1870, il Cimon della Pala.
E proprio dal Cervino delle Dolomiti, come lo definì John Ball, è partita la corsa dell'esploratore contemporaneo.
Salito per la prima volta nel 1870 da Edward Robson Whitwell, Christian Lauener con la guida Santo Siorpaes, Peter segue la normale di sud-est. Partito a notte fonda da San Martino di Castrozza, lungo la ferrata Bolver-Lugli, raggiunge il bivacco Fiamme Gialle e la cima del Cimon. Scende poi la Val dei Cantoni, supera il Passo Bettega e tira diritto.
Davanti ha la Pala di San Martino, tra le più suggestive cime di tutte le Pale: ci arriva per la via normale, lunga e laboriosa.
Nel frattempo, si è fatto giorno: Peter procede ancora più veloce verso il passo Pradidali Alto e si porta sotto lo spigolo nord di Cima Canali. Lungo la via aperta nel 1894 dalla guida Giuseppe Zecchini con Wilfred Brodie, arriva in vetta.
Scende verso il rifugio Pradidali, prosegue lungo i cavi delle ferrate del Porton e del Velo, arriva al rifugio Velo della Madonna e sale il Sass Maor.
La via che segue è quella aperta nel 1892, divenuta in seguito la via normale. Ritorna sui suoi passi, scende in Val Canali lungo il sentiero attrezzato del Cacciatore. Giunto nel fondovalle al Cant del Gal, sale al rifugio Treviso e si concede una breve sosta dall'amico Tullio Simioni, gestore del rifugio.
È mezzogiorno quando lo aspetta la ripida salita fino alla base del Sass d'Ortiga: per la cima, Peter sceglie la via aperta da Wiessner e Kees nel 1928. Arrivato in vetta, vede l'ultima meta, il Piz de Sagrón: scende lungo la via normale verso il bivacco Menegazzi e i pascoli di malga Cavallera. Inforca la bici, che il giorno prima ha nascosto tra i mughi, e pedala fino al paese di Sagrón.
Il Piz de Sagrón, pur appartenendo alla catena delle Alpi Feltrine, per vicinanza e morfologia può essere considerato una prosecuzione delle Pale di San Martino.
La stessa storia alpinistica lo accomuna alle Pale. Per raggiungere la cima Peter decide di seguire la via del Gabiàn, un tracciato che unisce due storiche vie alpinistiche: la Detassis-Corti del 1934 dal versante settentrionale e la via dei primi salitori nel 1877 sul versante sud, poi divenuta la via normale.
Nel tardo pomeriggio Peter è sul Piz de Sagrón.
A nord in lontananza vede il Cimon de la Pala: missione compiuta, passato e presente scrivono una nuova pagina di alpinismo.