Tragedia sulla Marmolada, l’esperto: “Evento imprevedibile, nessun segno premonitore”
L'analisi del professore Alberto Bellin (docente di costruzioni idrauliche a Ingegneria di Trento) e consulente della Procura. Le indagini compiute in collaborazione con il glaciologo dell’Università di Pisa Carlo Baroni hanno evidenziato come “nei giorni precedenti non ci fossero segni evidenti di un crollo imminente”
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MARMOLADA. “Di fronte a cambiamenti climatici che incidono fortemente sugli eventi calamitosi, è ora meno possibile fare affidamento sull’esperienza per prevenire possibili eventi futuri. Per questo, è fondamentale che chi frequenta la montagna prenda coscienza del fatto che il rischio zero non esiste ed agisca con cautela, ad esempio rendendosi conto che nei periodi più caldi il rischio di crolli di masse glaciali aumenta”. Così il professor Alberto Bellin, professore ordinario di costruzioni idrauliche del Dipartimento di Ingegneria civile, ambientale e meccanica all’Università di Trento e consulente della Procura a seguito della tragedia occorsa il 3 luglio 2022 in Marmolada.
Le analisi compiute in collaborazione con il glaciologo dell’Università di Pisa Carlo Baroni hanno evidenziato come “nei giorni precedenti non ci fossero segni premonitori evidenti di un crollo imminente” ha spiegato ieri, 10 ottobre, pomeriggio Bellin, parlando per la prima volta in pubblico della questione nell’ambito del convegno internazionale dedicato al rischio alluvionale, inserito nel programma della Settimana della Protezione civile. Il crollo del ghiacciaio di punta Rocca era dunque imprevedibile.
Gli approfondimenti scientifici hanno poi stabilito che la resistenza del ghiaccio sul fondo roccioso è diminuita a causa della presenza di acqua liquida in seguito all’innalzamento della temperatura durante l’intero periodo estivo: “Questo ha fatto sì che gli sforzi tangenziali all’interno del ghiacciaio siano aumentati, fino alla rottura della massa” sono state le sue parole.
Numerosi sono gli spunti emersi dal confronto tra i tecnici dei territori italiani dell’Arco alpino, in una tavola rotonda moderata dal dirigente generale del Dipartimento Protezione civile, foreste e fauna Raffaele De Col. Al centro del dibattito, la compatibilità con i cambiamenti climatici di opere realizzate per mitigare gli effetti del pericolo alluvionale.
I relatori hanno messo in luce sia la necessità di garantire la sicurezza dei territori attraverso i necessari investimenti, sia l’importanza di favorire la conoscenza dei cittadini sulla loro esposizione al rischio residuo, secondo quanto riportato nelle Carte della pericolosità.