Neve primaverile, i ghiacciai trentini respirano. Casarotto: «Ma un anno positivo non cambia il trend generale»
Le misurazioni hanno rilevato, dopo anni negativi, numeri incoraggianti, dall'Adamello-Mandrone allo Stelvio, ma l'esperto del Muse mette in guardia contro un ottimismo che sarebbe fuori luogo: «Nella migliore delle ipotesi ad ogni modo i ghiacciai al di sotto dei 3500 metri già negli anni '70 di questo secolo andranno persi»
I NUMERI Le precipitazioni di quest’anno fanno respirare i ghiacciai
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TRENTO. Finalmente buone notizie per i ghiacciai trentini. Dai rilievi annuali condotti dalla protezione civile del Trentino e dalla commissione glaciologica Sat in collaborazione con il Muse, emerge infatti che le eccezionali precipitazioni di quest'anno permetteranno ai ghiacciai di "respirare", pur all'interno di una situazione ancora decisamente complessa.
Nello specifico i tecnici grazie alla misurazione della densità della neve e del suo spessore, hanno stimato il "volume di acqua equivalente" accumulato sul ghiacciaio che verrà restituito in forma liquida durante l'anno o in parte accumulato per la formazione di nuovo ghiaccio.
A spiccare i rilievi sul ghiacciaio dell'Adamello-Mandrone nel Parco Adamello Brenta, che hanno mostrato accumuli fino a 6 m di neve invernale sotto la cima Adamello e poco meno di 4 verso la fronte.
Importanti però anche i rilievi nel Parco dello Stelvio dove si sono misurati per il Ghiacciaio del Careser accumuli medi dai 4-5 m ai 2.80 nella parte più bassa. Per il Ghiacciaio de la Mare accumuli medi invece tra i 4 ed i 3.5 metri. Le densità rilevate sono variabili dai 400 ai 600 Kg/metro cubo e mostrano una neve che nonostante le recenti nevicate primaverili si è già parzialmente trasformata.
Anno positivo sì ma senza dimenticare il quadro critico che interessa globalmente i ghiacciai a causa delle sempre maggiori emissioni di CO2 nell’atmosfera, la combustione di carboni fossili e l’aumento del processo di deforestazione. A porre l’attenzione sul tema Christian Casarotto (foto), glaciologo del Muse di Trento.
L’indagine riporta un bilancio positivo per i ghiacciai grazie alle precipitazioni di quest’anno, ma le notizie sono davvero così buone?
In realtà siamo ben distanti da quel grande cambiamento che permetterebbe un bilancio davvero positivo. Certo i ghiacciai per quest’anno possono “respirare” ma anche preso atto di questo le sorti dei ghiacciai non cambiano. Dobbiamo entrare nell’ordine delle idee che i ghiacciai rispondono ad un cambiamento non riferibile ai singoli anni ma a trend, ossia ad andamenti ben più lunghi. Un annata non cambia davvero le cose. Forse questa è una delle cose più difficili da capire anche per noi glaciologi.
E quindi quali le previsioni?
Non esiste un’unica previsione ma diversi scenari in base a quello che accadrà. Nella migliore delle ipotesi ad ogni modo i ghiacciai al di sotto dei 3500 metri già negli anni '70 di questo secolo andranno persi.
Sarà necessario quindi un cambio di paradigma?
Dobbiamo certamente ritornare a ragionare per trend comprendendo il fatto che anche invertendo subito le tendenze i ghiacciai rispondono sempre con un certo ritardo ai cambiamenti. La strada insomma è ancora molto lunga.