Prezzi alti a Capanna Punta Penìa? «No, è giusto per un rifugio sul ghiacciaio a 3.342 metri di quota»
Carlo Alberto Zanella (presidente Cai bolzanino) e Martin Knapp (referente rifugi Alpenverein) replicano alle proteste di due alpinisti altoatesini dopo il passaggio in vetta alla Marmolada: 24,50 euro per tre tè e due crostate un costo normale dove i viveri si portano su con l'elicottero e molte altre spese sono pesanti per il gestore
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TRENTO. «Quei prezzi sono più che giustificati. Assurdo che qualcuno si lamenti. Siamo in Marmolada, a 3.342 metri di quota; dove tutti i rifornimenti devono essere effettuati con l'elicottero. E le giornate "buone", in cui al rifugio arrivano alpinisti, davvero poche». Carlo Alberto Zanella, presidente provinciale del Cai dell'Alto Adige, e Martin Knapp, referente dell'Alpenverein per i rifugi, entrano così nel dibattito che si è aperto anche sui canali social, dopo la protesta di due membri del direttivo dell'Avs di Cortaccia per il conto pagato alla Capanna Punta Penìa, il rifugio in cima alla Marmolada, il più alto delle Dolomiti, gestito da Carlo Budel, nel comune di Canazei, sulla vetta del ghiacciaio, lungo la linea di confine fra Trento e Belluno, fra Trentino-Alto Adige e Veneto. Totale per tre tè e due crostate: 24,50 euro. E subito era scoppiata la polemica. Una discussione interessante, perché impone una riflessione sui prezzi in generale - che negli ultimi mesi hanno subìto un 'impennata ovunque e nelle zone turistiche ancora di più - ma richiede anche di fare dei distinguo; di capire qual è il ruolo, preziosissimo, e l'impegno enorme di un rifugista di alta quota. Solo in elicottero. «Contrariamente a chi critica - dice Zanella - bene ha fatto il giornale a pubblicare quella protesta, perché è l'occasione per spiegare - semmai non fosse già chiaro - che i costi per un rifugio "vero", ovvero a oltre 3 mila metri di quota, non sono quelli di un qualsiasi bar in città; neppure quelli di un rifugio raggiungibile in macchina o con gli impianti. Alla Capanna Punta Penìa i trasporti di cibo, bevande, immondizie, materiale vario vanno fatti solo ed esclusivamente con l'elicottero. Chi si lamenta ha presente quali sono le spese? Evidentemente no. Quest'anno poi, causa meteo, la stagione è iniziata tardi; le giornate utili per le ascensioni sono state poche. Il rifugio però è sempre aperto; il gestore è lì per garantire un servizio a chi arriva a qualsiasi ora. Per questo chi sale fin lassù - a mio avviso - non dovrebbe limitarsi a prendere un tè e una fetta di torta, ma farebbe bene a concedersi un pasto completo. Proprio per sostenere l'attività di chi garantisce l'apertura del rifugio con qualsiasi tempo: pioggia, vento, tempesta, neve». Per tutte queste ragioni è sempre più complicato trovare gestori per i rifugi "scomodi", raggiungibili solo con ore di cammino. «Nessuno si arricchisce, hanno praticamente tutti o quasi - spiega Martin Knapp - un secondo lavoro, perché non si campa tutto l'anno, lavorando due-tre mesi. Se poi, come nel caso di Capanna Punta Penìa, i trasporti vanno fatti solo ed esclusivamente con l'elicottero; l'acqua va filtrata e sanificata; le acque nere vanno trattate e i residui smaltiti portandoli a valle con l'elicottero, le spese lievitano. A questo si aggiunge la fatica di lavorare a oltre 3 mila metri di quota. Non stupiamoci quindi se un tè e una fetta di torta costano un po' di più del bar sotto casa». Il pesce in quota. «La cosa incredibile - si arrabbia Zanella - è che nessuno si stupisce se paga fior di quattrini per un piatto a base di pesce in rifugi che sono ormai ristoranti/alberghi a quattro stelle. Anzi, è diventato normale aspettarsi che sia inserito nel menù e se non c'è, chiederlo. Una follia che piace. Visto che in tanti si fanno i selfie con i super-piatti immortalati sullo sfondo delle cime più famose. A Carlo Budel va riconosciuto anche il merito di far conoscere la bellezza vera della montagna, pubblicando sui social le foto mozzafiato di albe e tramonti in Marmolada», conclude. A. M.