Montagna / Himalaya

«Tornare a casa è più importante»: la spedizione sul Nun Kun si ferma a 200 metri dalla vetta

Alessandro Rossi, Aldo Tomasi e Franco Malanchini della Sat di Malé sono rientrati dopo un'esperienza straordinaria sul colosso di 7.135 metri nella parte indiana della catena. «Ha prevalso il buonsenso, che non sempre si innesca quando l'aria è rarefatta e dopo tutti i sacrifici che si fanno. Siamo riusciti ad avere la lucidità per dire: va bene così»

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di Fabrizio Brida

MALÉ. A volte ci vuole più coraggio a fermarsi che a proseguire. Anche - soprattutto - quando il traguardo è davvero a tanto così, quando si è a un soffio dalla cima. È quello che hanno avuto Alessandro Rossi, Aldo Tomasi e Franco Malanchini, membri della Sat di Malé che la settimana scorsa sono tornati in Val di Sole dopo aver vissuto un'esperienza a dir poco incredibile sul monte Nun Kun, colosso di 7.135 metri nell'Himalaya indiano. Si sono fermati a quota 6.900, a soli 200 metri e poco più dall'impresa.

«Era più importante riuscire a tornare a casa. Ha prevalso il buonsenso, che non sempre si innesca quando l'aria è rarefatta e dopo tutti i sacrifici che si fanno per arrivare lì. Siamo riusciti ad avere la lucidità per dire "va bene così, torniamo indietro"».

Sono parole colme di soddisfazione, nelle quali si coglie solamente un pizzico di rammarico, quelle con cui Alessandro Rossi, vicepresidente della sezione di Malé, descrive la sua decima spedizione extraeuropea: «Eravamo 6 in tutto, insieme a noi c'erano una coppia di tedeschi, Uli e Karin Rauner, marito e moglie, e lo svizzero Franz Murbach. Abbiamo percorso una via diversa, più complicata e più ripida, con dislivelli di mille metri tra un campo e l'altro (e a quelle quote pesano) rispetto a quella classica che ha distanze e dislivelli più "umani"».

Dopo alcuni giorni di acclimatamento, in cui si svolgono dei trekking su e giù sopra i 5.000 metri, il gruppo è partito dal Campo 3 per il "balzo finale" con in testa e negli occhi la vetta della montagna. A separarli dalla cima un muro di ghiaccio con pendenze costanti tra i 60 e i 65 gradi.

«A quelle altitudini la fatica si fa sentire ancora di più e dopo 7 ore siamo andati in riserva - ammette Rossi -. Ne mancavano altre 4 per raggiungere la vetta, ma dovevamo tenere pure conto delle energie necessarie per rientrare. Così abbiamo deciso di fermarci, anche se ovviamente la voglia di raggiungere la vetta c'era e si faceva sentire. Non è stato semplice, soprattutto perché l'impegno richiesto per programmare, progettare e preparare la spedizione è tutt'altro che indifferente. Non siamo più dei giovanotti, abbiamo tutti più di 60 anni, ci siamo allenati tanto e abbiamo dato tutto. In certi frangenti però bisogna saper rinunciare, la vita è più importante».

Dopo 33 giorni lontani dall'Italia, di cui 18 trascorsi immersi nel bianco del Monte Nun, il gruppo ha fatto rientro tra le montagne di casa. L'intenzione è quella di riprovarci in futuro? «No, va bene così».

 

Sono in programma altre spedizioni, invece? «Al momento non ci abbiamo pensato, ci stiamo godendo il meritato riposo e il rientro in famiglia - spiega Rossi -. Faremo una cena tra amici con la Sat di Malé per raccontare la nostra esperienza, così come in Sat Centrale e con il Circolo Fotografico Valli del Noce, realtà di cui faccio parte».

Come detto, per Alessandro Rossi si trattava della decima spedizione extraeuropea, di cui 7 portate a termine e 3 in cui non è riuscito a toccare la vetta. «Avevo pensato a questa ascesa già nel 2011, ma poi per vari motivi avevo rinunciato e ripiegato su un'altra montagna - prosegue Rossi -. È rimasta quindi nel cassetto dei sogni fino al tardo autunno dell'anno scorso, quando ne abbiamo parlato con Uli e Karin, con cui siamo amici da tanto. Poi abbiamo coinvolto Aldo e Franco e all'ultimo si è aggiunto anche Franz.

È stata una bellissima esperienza di amicizia, solidarietà e fratellanza. Quando vivi un mese intero sempre a strettissimo contatto i rapporti diventano ancora più forti. Anche con i climbing sherpa locali, che sono delle guide alpine a tutti gli effetti, è nato un bel legame».I momenti vissuti tra queste cime imponenti e maestose rimarranno nei ricordi e nel cuore. «Parliamo di montagne stupende, meno di "moda" rispetto agli 8.000 e quindi anche meno affollate - conclude Rossi -. E proprio per questo ancora più affascinanti».

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