Il primario condannato per le troppe reperibilità a pagare oltre 61mila euro
La Corte dei Conti ha condannato il primario del Pronto soccorso Claudio Ramponi a pagare 61.620 mila euro per il danno erariale provocato all’Azienda sanitaria in seguito alla sua scelta di aver concentrato sulla sua persona la maggior parte dei turni di «pronta disponibilità» che, in caso il medico superi i 10 turni al mese, viene pagato oltre il doppio, ossia 100 euro anziché 48. La richiesta iniziale era di 75 mila euro ma la cifra è stata ridotta perché quanto corrisposto per il 2013 è caduto in prescrizone.
L’azione erariale aveva preso le mosse da un’interrogazione del consigliere Filippo Degasperi e da un’indagine dei carabinieri del Nas, oltre che dall’autidizone del primario del reparto di Pronto soccorso dell’ospedale di Bolzano. Dalle indagini era emerso che nel periodo preso in considerazione, dal 1 gennaio 2013 al 31 luglio 2018, Ramponi aveva effettuato 2.224 turni di pronta disponibilità (pari a circa il 78% del totale) di cui una parte resi a favore del carcere di Trento (381). Più precisamente i turni di pronta disponibilità svolti dal primario erano stati 380 nel 2013, 403 nel 2014, 395 nel 2015, 424 nel 2016, 443 nel 2017 e 179 nel 2018, mentre le effettive chiamate in servizio per esigenze del Pronto Soccorso risultano essere state 9 in 6 anni. A Ramponi è stato contestata non la qualità del lavoro, ma piuttosto la mancata gestione delle reperibilità secondo i criteri di economicità che avrebbero portato l’Azienda sanitaria a risparmiare. Durissime le parole dell’accusa che parla di «incapacità, irrazionalità e illogicità gestionale», di «gestione padronale del reparto senza incentivi per i nuovi medici assunti».
La difesa, sostenuta dall’avvocato Roberto Bertuol, ha già annunciato appello. Da subito Ramponi si è difeso spiegando che la sua disponibilità ad assumere i turni di pronta disponibilità era legata alla mancanza di disponibilità volontaria da parte degli altri medici del reparto.
Non solo. Il suo obiettivo sarebbe stato quello di assicurare un weekend libero al mese a tutti i dirigenti medici. Emerge infatti nelle parole della difesa la difficoltà a far quadrare i turni di lavoro «con tutti i vincoli contrattuali connessi all’orario settimanale, compreso lo straordinario, al riposo settimanale, alle ferie, all’obbligo di garantire 11 ore di stacco tra un turno e l’altro di pronta disponibilità con le esigenze di ogni singolo medico, alcuni in part time, alcuni assenti per gravidanza o aspettativa o in distacco presso altre strutture sanitarie fa diminuire drasticamente il personale effettivamente utilizzabile».
Dunque nessuna voglia di accaparrarsi tutto il lavoro, ma semplicemente quella di cercare di agevolare il personale in servizio già costretto a turni pesanti che secondo le regole della reperibilità avrebbe dovuto garantire il rientro in ospedale per urgenze in 30 minuti.
L’avvocato Bertuol ha sottolineato l’impegno e l’abnegazione che il dottor Ramponi ha sempre dimostrato, anche in questo recente periodo di emergenza covid, con un numero di ore di straordinario eccedenti il limite contrattuale e quindi non retribuite delinando quindi la figura di un professionista appassionato del suo lavoro e non di uno attaccato al profitto. Nell’appello Bertuol e il suo assistito ribadiranno comunque che la scelta organizzativa effettuata nella ripartizione dei turni di pronta disponibilità è una tipica attività amministrativa discrezionale, insindacabile dalla Corte dei conti.