L'orso M49 al Casteller? Non era nel recinto "verde" ma tre mesi in una gabbia
L’orso M49, prima di fuggire dal Casteller, non era custodito in un ampio recinto verde di 8 ettari; non era neanche in un recinto di 0,8 ettari; e nemmeno in un bunker di cemento di 16 metri per 10, che si trova nell’angolo del recinto. M49 è stato custodito da una gabbia di acciaio, angusta e grande a malapena lo spazio per consentire di stare in piedi e girarsi su sé stesso.
Lo hanno scoperto gli ambientalisti dell’asociazione Oipa, che avevano già girato un video con un drone dall’alto della struttura. Ma la recente visita della Terza Commissione Consiliare (a lungo rimandata) conferma i sospetti più neri: M49 era tenuto in una gabbia come quella che un tempo ospitava gli orsi a Gocciadoro.
Scrive Lucia Coppola, consigliere provinciale dei Verdi e vice presidente della Commissione Ambiente del Consiglio Provinciale nella sua relazione alla visita (durante la quale le è stato anche impedito di scattare fotografie): «La visita al Casteller di Trento, dal cui recinto l’orso intraprendente M49 è riuscito a fuggire per ben due volte, ha purtroppo confermato la mia opinione sull’ inadeguatezza della struttura ad ospitare plantigradi, animali selvatici e specie protette che necessitano di grandi spazi ed areali da percorrere, di boschi, corsi d’acqua e montagne dove poter dare libero sfogo alla loro natura.
Gli orsi infatti, a parte il caso delle mamme con cuccioli, si muovono velocemente. Sono possenti, intelligenti, curiosi, schivi. Sanno correre, camminare per centinaia di chilometri, arrampicare e nuotare. Sono una forza della natura che non può essere contenuta, imprigionata, umiliata.
Questo recinto è considerato da Ispra di buona qualità ed un unicum per quanto riguarda l’arco alpino, ma evidentemente questo è un punto di vista prettamente umano. Anche minime nozioni di etologia e di benessere animale, o il solo percorrerlo nel suo perimetro (ci si mette dieci minuti) dà la certezza che un orso non può vivere bene in uno spazio così ridotto, 8000 mq, diviso i due parti.
Dunque - scrive Coppola - mi sfugge “l’approccio scientifico rigoroso” di cui si è parlato nel corso dell’introduzione dei tecnici, che certo fanno il loro lavoro nel migliore dei modi e che non sono responsabili di scelte che sono prettamente di natura politica.
Un’orsa, DJ3, di 11 anni, considerata troppo confidente per come si avvicinava ai paesi, in Val di Non, vive lì rinchiusa da ben 9 anni, in totale solitudine; non ha mai avuto contatti con M49 perché non si potevano prevedere le reazioni dell’orso maschio. Un orso può vivere in natura dai 20 ai 30 anni, in cattività però anche 50 anni, un tempo infinito che equivale a un ergastolo.
Mi ha creato profondo disagio e grande tristezza vedere la gabbia con le sbarre possenti dove M49 è rimasto rinchiuso per tre mesi. Ci è stato detto che siccome la prima volta che era scappato non aveva fatto questo percorso di acclimatamento o pre ambientamento che, non si sa bene perché, secondo gli esperti dovrebbe ammansire l’orso ed abituarlo gradualmente alla perdita della libertà, procedere con questa prigione nella prigione lo avrebbe condotto a più miti consigli.
Un inserimento progressivo, secondo loro, durato ben tre mesi! Come ben sappiamo così non è stato perché l’orso, non appena liberato nel Casteller, si è recato nell’angolo di recinzione della prima fuga, ha superato ben tre recinzioni elettrificate e ha piegato i tondini di ferro elettrosaldati ma che non erano conficcati nel cemento sottostante.
Non ha scavalcato come la prima volta perché sulla parte alta del recinto erano state messe lastre metalliche lisce. Un orso di tre anni M49, nel pieno della sua energia vitale, evidentemente molto attrezzato da tutti i punti di vista, per cui la libertà è un obiettivo irrinunciabile.
Le tane, cellette che ricordano quelle dei veri carceri, con pagliericcio in legno, sono collegate con la gabbia o con lo spazio libero, si fa per dire. Mi è scappata una battuta, sembra il carcere dello Spielberg, “Le mie prigioni” di Silvio Pellico...
Nel corso dell’incontro è stata rimarcata la buona disposizione, sino a questo momento, della popolazione trentina nei confronti del progetto Life Ursus, anche se si ritiene, da parte dei tecnici della Provincia, che il numero presunto di circa 100 orsi, e tutti o quasi posizionati nel Trentino occidentale, non sia più compatibile con l’antropizzazione della nostra provincia, posto che non è accaduto quello che si pensava potesse succedere, e cioè che si spalmassero lungo tutto l’arco alpino.
Ora resta da capire se il Tavolo che si aprirà con il presidente Fugatti, l’assessora Zanotelli, Ispra e il Ministero dell’Ambiente nella persona del ministro Costa, si occuperà della crescita esponenziale della popolazione ursina e come. In Abruzzo il numero degli orsi è stabile sui 50 esemplari, pare a causa del bracconaggio. Nel Nord e Est Europa, dai Balcani alla Scandinavia, si procede con prelievi dal 10 al 20 per cento degli animali che diventano cacciabili. In Francia e Spagna, dove i numeri non sono eccessivi, si registrano fenomeni di bracconaggio.
Il Tavolo dovrà occuparsi anche della situazione dell’allevamento in relazione alle predazioni di lupi ed orsi. Delle misure più efficaci per una convivenza possibile, con greggi e mandrie protette e sorvegliate anche in alta quota, con recinzioni efficaci, cani addestrati, stalle e ovili rinforzati e risarcimenti certi. La speranza e l’auspicio è che tutto ciò avvenga in modo non cruento per gli orsi che hanno l’unica colpa di corrispondere alla loro natura di orsi», conclude Lucia Coppola.
Nella foto: la gabbia nell'angolo del "bunker" di cemento, ripresa dal drone sopra Casteller (pubblicata su Facebook da Ornella Dorigatti).