I provinciali dovranno lavorare anche il sabato Massimo 5 ore al giorno e turnazione No dei sindacati: «Pronti a scendere in piazza»

Turnazioni negli uffici per evitare sovraffollamento e prestazioni anche il venerdì pomeriggio e il sabato mattina: è il piano della Provincia per il rientro progressivo dei propri dipendenti nelle sedi dopo il periodo di smart working per l’emergenza sanitaria.

Il Dipartimento per il personale ha proposto una nuova organizzazione «per assicurare da un lato il massimo di efficienza richiesto al pubblico e dall’altro la garanzia per i dipendenti dell’Amministrazione di poter operare senza rischi all’interno dei propri ambienti di lavoro».

L’articolazione dell’orario ipotizzata (5 ore giornaliere) consente di far ruotare il personale evitando affollamenti negli uffici, pur rimanendo invariati monte ore settimanale complessivo e retribuzione.

Per mantenere l’orario settimanale di 36 ore la Provincia propone di attuare un mix fra prestazioni da effettuare in ufficio il venerdì pomeriggio e, in determinati casi, il sabato mattina e la prosecuzione delle attività in smart working. «Si tratta di una soluzione limitata nel tempo - viene precisato dalla Provincia - connessa l’eccezionalità della situazione e che appare ragionevolmente adatta a contemperare le esigenze di sicurezza con il dovere di continuare a dare un contributo importante per la tenuta complessiva del “sistema trentino”».

Ma i sindacati sono critici. «Ancora una volta, la giunta Fugatti punta non certo a fornire servizi a cittadini e imprese ma a fare propaganda sulla pelle dei dipendenti pubblici. Li indica come privilegiati, li contrappone ai lavoratori privati in difficoltà per la crisi economica dopo l’emergenza sanitaria - sostiene il segretario generale della Fp Cgil Luigi Diaspro che, assieme a Stefano Galvagni, ha partecipato all’incontro coi vertici provinciali - li vuole in ufficio a ogni costo anche in orari inusitati la cui utilità è tutta da dimostrare, visti il maggior costo per l’ente pubblico e le difficoltà per la conciliazione dei tempi per mamme e papà, ad esempio». Un punto, in particolare, non piace proprio:
«Gli orari, con prolungamento alle 19.30 e rientri al sabato, non li stabilisce Fugatti con una circolare: sono oggetto di contrattazione. Siamo pronti a scendere in piazza. E sapremo spiegare all’opinione pubblica che il sindacato confederale si occupa di tutti i lavoratori, settori pubblici e privati, e che è indegno continuare ad alimentare conflitti anziché trovare soluzioni che tengano insieme tutti».

I sindacati ricordano lo “scippo” dei 20 milioni destinati ai dipendenti pubblici, la ripartizione del premio Covid senza accordo sindacale come invece hanno fatto le regioni a statuto ordinario. Poi puntano il dito contro l’idea del rientro del 50% del personale in smart working e l’ampliamento degli orari.

«Il senso politico è chiaro - spiega ancora Diaspro - Fugatti vuol far passare il messaggio che i dipendenti pubblici, non avendo avuto cassa integrazione, sono dei privilegiati e per questo vanno puniti. Tagliando gli stipendi, aumentando gli orari e soprattutto attaccandoli ogni giorno».

Sugli orari di apertura Diaspro continua: «L’idea di avere il personale sempre in ufficio contraddice all’origine qualsiasi idea di innovazione e semplificazione: l’emergenza sanitaria ha dimostrato che con lo smart working si può lavorare con alti livelli di efficienza realizzando l’avvio del processo di innovazione tecnologica e di semplificazione sempre evocato dalla politica ma nei fatti declinato con finalità sanzionatorie».

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