Allarme per cardiologia servono più posti letto
La cardiologia trentina è sottodimensionata. Secondo quanto previsto dal decreto Balduzzi (3 posti letto ogni mille abitanti, ndr), nella nostra provincia mancano all'appello 26 posti letto. Siamo ai livelli più bassi d'Italia. Sotto gli standard, ma con numeri meno critici, solo la Sardegna».
A denunciare la situazione, nel corso della giornata «Cardiologie aperte» organizzata dall'Anmco (associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri) in collaborazione con Almac (associazione per la lotta alle malattie cardiovascolari e aiuto alimentare) e a Cerotto sul cuore onlus, è stato il dottor Alberto Menotti, presidente dell'Anmco in Trentino e cardiologo all'ospedale S. Chiara. Qual è la conseguenza immediata di questo ridotto numero di posti letto? L'allungamento delle liste d'attesa per gli interventi. In pratica i ricoveri programmati vengono posticipati in quanto i pazienti urgenti hanno ovviamente sempre la priorità. Pazienti urgenti che in Trentino, visto anche il flusso turistico estivo ed invernale, sono sempre piuttosto numerosi.
L'attività è infatti in costante aumento. Anche tra il 2014 e il 2015, ha confermato il primario di cardiologia del S. Chiara Roberto Bonmassari, c'è stata una crescita dell'8 %.
Oltre all'aumento di posti letto, tra le cose da migliorare nell'ambito di una cardiologia trentina che comunque è su ottimi livelli, c'è da una parte la necessità di adeguare il personale alle esigenze della popolazione, poi la proposta di creare un flusso informativo efficace tra ospedale e territorio e viceversa e infine produrre protocolli di gestione condivisi tra ospedale e territorio in modo che il paziente venga seguito anche dopo le dimissioni con un percorso già segnato.
Va detto che negli ultimi 15 anni, nell'ambito della cardiologia, sono stati fatti passi da gigante sia nel campo della prevenzione, che in quello della gestione dell'emergenza, con una rete infarto invidiabile. «Si è allungata la vita di 4-6 anni - spiega il primario Bonmassari - e questo per almeno due fattori. Da una parte ci sono i migliori strumenti in mano ai professionisti nella fase acuta. Con l'angioplastica, ad esempio, la mortalità in caso di infarto miocardico acuto, è passata dal 30 al 5%. Secondo fattore importante è quello della prevenzione, con un'attenzione agli stili di vita, come il fumo, l'alimentazione e l'attività fisica che è determinante. E su questo i trentini stanno facendo abbastanza bene».
Nell'incontro è stata sottolineata anche l'importanza della cardiologia riabilitativa in quanto il malato cardiopatico è un malato cronico che deve avere la consapevolezza di avere una malattia, ma anche di poter vivere benissimo. «Ho visto cinquentenni che a sei mesi dall'infarto stavano meglio di prima perché la malattia li ha costretti a cambiare radicalmente il loro stile di vita», rivela il cardiologo. Sul fronte della riabilitazione è stato rilevato un problema legato all'assenza, nel Basso Trentino, di strutture che effettuno la cardiologia riabilitativa in regime di day hospital come avviene a Pergine. Le due strutture private convenzionate che operano ad Arco effettuano infatti l'attività prevalentemente in regime di ricovero.
I numeri delle angioplastiche in urgenza per infarto miocardico parlano di circa 300 casi all'anno. Numeri in tendenziale aumento per l'aumento della vita media dei pazienti. Ciò porta in sala operatoria anche i grandi anziani. «In Trentino operare un paziente anziano non è un problema se dall'intervento il soggetto può trarre un reale vantaggio», hanno spiegato i cardiologi». Certamente molti interventi potrebbero essere evitati con la prevenzione. «Si dovrebbe mangiare due volte in settimana pesce, camminare a passo spedito per 3/4 volte a settimana, mangiare molta verdura e frutta e tenere sotto controllo il peso corporeo. Ovviamente non fumare», sono i consigli di Bonmassari. Anche essere perfetti sul fronte degli stili di vita non azzera i rischi. Rimane un 10-20% di casi in cui scende in campo la genetica.