Dalla didattica 2.0 alla pedagogia 2.0
Quali saranno le professioni del futuro? E come deve essere ripensata la scuola? Questi gli interrogativi al centro dell’evento organizzato dalla Fondazione Bruno Kessler nell’ambito di EDUCA. L’incontro è stato aperto dal vicepresidente e assessore alla sviluppo economico e lavoro, Alessandro Olivi, che ha parlato delle politiche e dei progetti messi in campo dalla Provincia per rispondere alla grande sfida che è generare opportunità per quei lavoratori che iniziano oggi le scuole dell’obbligo. Per il presidente di Fbk Francesco Profumo “l’educazione sarà un fattore centrale per la crescita e lo sviluppo della società e il docente sarà un professionista chiave”. Tra gli ospiti anche Salvatore Giuliano, dirigente scolastico di uno degli istituti più all’avanguardia d’Italia, per il quale bisogna passare dalla didattica 2.0 alla pedagogia 2.0.
“Educazione e formazione sono le due priorità principali per il Paese – ha esordito Francesco Profumo, presidente Fondazione Bruno Kessler -, che deve pensare come creare le condizioni di vita per essere il più inclusivo possibile, soprattutto in una situazione come questa di grande difficoltà; dobbiamo riuscire ad offrire tutti gli strumenti alle giovani generazioni per realizzare i propri sogni”.
Il presidente di Fbk ha quindi portato alcuni numeri: “I bambini che quest’anno hanno iniziato la prima elementare termineranno le scuole medie nel 2023, le superiori nel 2028 e si laureeranno nel 2033. Capirete quanto è difficile riuscire a disegnare percorsi formativi che siano in grado di soddisfare le domande di lavoro oltre il 2030”.
A questo interrogativo ha provato a rispondere il vicepresidente della Provincia, Alessandro Olivi: “Generare una opportunità per quei lavoratori che oggi iniziano le scuole dell’obbligo è una sfida e al contempo una responsabilità grandissima. La Provincia, sul fronte della costruzione di un’attrattività del territorio, sta investendo molto su formazione, ricerca, innovazione, cercando di creare anche un cambiamento di paradigma fra formazione e mondo delle imprese. Sotto questo profilo in Trentino stiamo costruendo un sistema integrato fra politiche dello sviluppo, del lavoro e della conoscenza”. Poi, sulle sfide del futuro: “La scuola deve fornire non solo informazione, ma formazione, bisogna creare una scuola che sia agente di sviluppo – ha proseguito Olivi – e qui vorrei ricordare che stiamo portando avanti i progetti scuola-lavoro, la filiera della formazione e della ricerca, la rigenerazione del tessuto produttivo per investire nei luoghi del sapere: basti ricordare il Polo della Meccatronica di Rovereto, un luogo fisico dove si incontrano scuola, università, centri di ricerca delle imprese, laboratori misti”. Infine una riflessione: “I lavori in futuro avranno una durata minore rispetto alla vita dei lavoratori, per questo è necessario anticipare i processi, costruire un sistema che individui i punti di forza del territorio”.
Profumo, nell’introdurre i relatori, ha poi ricordato che, sempre più “l’educazione sarà un fattore centrale per la crescita e lo sviluppo della società”, così come “l’istruzione sarà lo strumento per avere successo nella vita”. Di qui il ruolo chiave che dovrebbero avere gli insegnanti, oggi una professione svalutata: “Il docente sarà un professionista chiave per la società. Per questo la professione dell’insegnante dovrà essere adeguatamente valorizzata e sostenuta, analogamente bisognerà anche prestare attenzione alla selezione degli insegnanti”. In conclusione Profumo ha citato Maria Montessori: “Il bambino è un viaggiatore che osserva le cose nuove e cerca di capire il linguaggio sconosciuto di chi lo circonda. Noi adulti siamo i ciceroni di questi viaggiatori che fanno il loro ingresso nella vita umana”.
Per la direttrice dell’Istituto Tecnologie Didattiche del CNR, Maria Rosa Bottino è necessario “innanzitutto superare il modello fondato sulla trasmissione delle conoscenze e della tradizionale divisione disciplinare, perché lo stesso sapere si è trasformato, è in evoluzione, è dinamico ed interdisciplinare”. Bisogna quindi ripensare l’insegnamento nell’era digitale e soprattutto “connettere la ricerca, la pratica, ovvero la scuola, con il mondo del lavoro, utilizzare meglio ciò che si ha, investire nella formazione degli insegnanti e dei dirigenti scolastici, riconsiderare il sistema di valutazione scolastica”.
“Come la scuola uccide la creatività” è stato quindi il vivace intervento di Salvatore Giuliano, dirigente scolastico di uno degli Istituti più all’avanguardia d’Italia, per il quale si deve “invertire il paradigma per passare da una visione del singolo a una visione dell’insieme”, nella quale i ragazzi lavorino in gruppo. Bisogna poi passare “dalla scuola elettrificata alla scuola digitale” e soprattutto “dalla didattica 2.0 alla pedagogia 2.0, che invece è rimasta ferma allo 0.0. La tecnologia – ha spiegato Giuliano - da sola non risolve niente, va accompagnata da un profondo processo di ripensamento dell’attività didattica e dalla formazione degli alunni: finiamola con questa barzelletta dei nativi digitali, i nostri ragazzi sanno usare lo strumento, ma utilizzarlo ai fini dell’apprendimento è cosa ben diversa”. Attualmente, ha spiegato il dirigente: “La scuola è organizzata come una linea di fabbrica, le campane che suonano indicano l’inizio e la fine, gli spazi sono divisi per sesso soprattutto i bagni, le classi sono basate sull’età”.
Tutto ciò uccide la creatività e il pensiero divergente, che invece ci aiuta a trovare molteplici risposte (fino a 200) a una medesima domanda. “Un test interessante sul pensiero divergente è stato fatto su 1600 ragazzi presi durante la crescita in diversi momenti: il 98% di questi nell’età fra i 3 e i 5 anni aveva un pensiero divergente, nella fascia fra gli 8 e i 10 anni solo il 32%, mentre fra i 13 e i 15 anni la percentuale era scesa al 10%. Cosa è accaduto in questo periodo? Sono andati a scuola – aggiunge Salvatore Giuliano - dove si spiega che la soluzione di un problema è una sola, dove si insegna che non si possono commettere errori e dove si uccide la capacità di lavorare in gruppo”. Ma una scuola diversa è possibile, sono le conclusioni del dirigente di Brindisi, bisogna solo metterci le 3 P, ovvero “passione, passione, passione”.
Giovanni Biondi presidente di INDIRE – Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa, ha spiegato come, secondo la Banca mondiale, “nei prossimi 10 anni un miliardo di giovani entrerà nel mercato del lavoro e solo il 40% svolgerà professioni che esistono già”. Oggi però stiamo formando i nostri ragazzi secondo un modello educativo della rivoluzione industriale, mentre “le Avanguardie educative nascono per cambiare questo sapere, che è uguale a quello di quando io frequentavo la scuola”. Infine un appunto: “La rivoluzione di questo modello può nascere solo dal basso, noi possiamo solo sostenerla, il risultato maggiore è stato quello delle Avanguardie condotto da Indire, nato con 22 scuole capofila e oggi fatto di 450 scuole in tutta Italia”.
Infine Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli, ha illustrato come costruire la scuola del futuro, presentando il progetto di ristrutturazione di un edificio scolastico di Torino attualmente in corso, basato sulla definizione di concetto pedagogico e sul confronto con la comunità scolastica. “Stiamo portando avanti una sperimentazione edile, dove c’è spazio ovviamente al tema dell’ambiente, alla qualità dei materiali, ecc., e al contempo un confronto partecipato, affinché il progetto non sia calato dall’alto ma recepisca le istanze della comunità, tutto questo anche con il contributo dei privati”.