La guerra della carne fra oncologi e allevatori
Da una parte gli scienziati che ammoniscono sui rischi di un dieta troppo ricca di carne, dall'altra gli allevatori, che ribadiscono che questo alimento è un'ottima fonte di proteine e di reddito. Lo scontro a distanza, iniziato da quando l'Oms ha inserito le carni rosse e lavorate nel gruppo delle sostanze più cancerogene, si è ripetuto involontariamente con una campagna degli allevatori europei e un nuovo rapporto negativo che viene dagli Usa.
A ribadire i pericoli per la salute è stato un rapporto di American Institute for Cancer Research e World Cancer Research Fund, che ha compulsato 89 studi precedenti, con dati su 17,5 milioni di adulti tra cui 77mila con un cancro allo stomaco, alla ricerca dei fattori di rischio per il tumore. Ha più probabilità di avere un cancro allo stomaco, si legge, chi assume tre porzioni di alcol al giorno, 50 grammi di carni lavorate o mangia cibi conservati con il sale. Anche il peso ha una sua influenza, con il rischio che cresce del 23% ogni cinque unità di indice di massa corporea.
La carne lavorata era già finita nell'occhio del ciclone lo scorso ottobre. L'Iarc, l'agenzia per la ricerca sul cancro, aveva deciso di inserirla nel gruppo 1 delle sostanze cancerogene in relazione però al tumore del colon-retto, prevedendo invece per le carni rosse lo status di «probabilmente cancerogene».
Etichettatura che ha fatto arrabbiare parecchio gli agricoltori, che già all'epoca avevano respinto le accuse minacciando querele e che hanno presentato anche nei giorni scorsi a Bruxelles una iniziativa a favore della carne.
La campagna sarà basata su porte aperte nelle aziende, ricette facili e veloci, dimostrazioni culinarie degli chef, ma anche video e dibattiti sui social media, depliant e concorsi fotografici. «I benefici nutrizionali del consumo di carni bovine, vitello, agnello, pollame, coniglio, ovine e suine e di uova sono chiari perché forniscono ai consumatori un eccellente apporto di proteine nella propria dieta» ha spiegato Martin Merrild, presidente del Copa (associazione degli agricoltori europei), sottolineando che «l'allevamento è inoltre cruciale per l'economia delle zone rurali in cui spesso non vi sono alternative occupazionali».