Dialisi, ecco la valigetta che ti cambia la vita
Una valigetta che cambia la vita in meglio. L’idea di produrre macchinari per dialisi grandi e trasportabili come un trolley, che permettono alle persone di emanciparsi da ospedali e cliniche, è venuta a un trentino di origine, poi italo-americano, ma che non ha mai dimenticato i suoi luoghi e ora ci ritorna con uno stabilimento - il sesto dopo 5 negli Usa - che a Vigolo Vattaro darà lavoro a 40 persone («Per cominciare, poi chissà»).
Renato Giordano, ingegnere elettronico nato a Trento nel 1951, ha vissuto una carriera di soddisfazioni a livello internazionale che lo ha portato a trasferirsi in California, Stati Uniti. Nel campo aeronautico prima e per la Nato poi, ha fatto parte dei team di progettazione e sviluppo del velivolo Tornado e del programma Gps, che oggi tutti conoscono grazie a smartphone e navigatori.
Forte di queste esperienze, all’età in cui i suoi coscritti vanno in pensione e intraprendono qualche hobby, Renato sente di non aver ancora finito e si re-inventa imprenditore: nel 2013 avvia con alcuni partner una start-up, lasciando il mondo della tecnologia aerospace per dedicarsi alla sua passione, la bioingegneria. Nasce così EasyDial, azienda per la costruzione del primo dispositivo portatile di emodialisi, che sta per sbarcare sull’Altopiano della Vigolana e che lì creerà, sui terreni limitrofi, un centro servizi con ambulatori e spazi per la comunità. «Lo abbiamo fatto un po’ per campanilismo, un po’ per tornare alle origini» dice Giordano, che venerdì scorso ha ricevuto un riconoscimento come ex studente d’eccellenza dall’Università Federico II di Napoli, dove si è laureato nel 1976.
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Lo spunto per EasyDial arriva in circostanze avverse. Accade infatti che Renato si ammala ed è costretto a sottoporsi a dialisi per un anno. Prova di persona cosa significa attaccarsi per ore a una macchina che “lava” il sangue, controllati da medici e personale in un reparto ospedaliero. Renato è stato anche consulente di una grande società che lavora nel campo delle tecnologie per la dialisi.
«Avevo tutti i punti di vista - racconta - e mi sono accorto che il paziente non c’entrava nulla con le motivazioni dell’azienda. Basta pensare che in un anno questo business produce 43 miliardi di dollari di profit, dopo le tasse, mentre in Europa tre società si spartiscono 83 miliardi di euro. Ma nonostante questo, negli ultimi 47 anni la tecnologia della dialisi non è cambiata». Renato, una volta guarito, lascia l’incarico di consulenza per il colosso della dialisi («Rabbrividivo, non potevo andare avanti...») e abbraccia il proposito di aprire un progetto a misura di paziente.
La crescita di EasyDial è inconcepibile secondo le procedure e la burocrazia italiane. Renato e i suoi soci - «Mi sono diplomato allo scientifico a Trento, ho fatto il Galilei. La mia classe si ritrova ancora, siamo uniti. Due di loro, Paolo Hartmann, medico, e Maurizio Martelli, docente universitario, sono con me in società» - in tre anni hanno avviato collaborazioni con università americane e italiane, aperto stabilimenti e brevettato la loro Dharma, 8 chili di peso dotata di ruote per trasporto, micropompe e un circuito di 80 cm che ripulisce il sangue in 120 minuti, usando solo 4 litri d’acqua (i normali macchinari ne usano circa 300). «A volte i ritardi ci sono perché la gente non ha voglia di fare... - considera l’imprenditore italo-americano - In Trentino ci hanno tenuti fermi un anno, altrimenti avremmo già aperto» aggiunge Renato, ormai acquisita la forma mentis statunitense.
In programma ora ci sono nuovi test clinici e sperimentazioni di qua e di là dall’Oceano. Con l’ospedale Santa Chiara, anche il progetto di una clinica mobile per la dialisi, che punta a ridurre i costi delle strutture e l’impatto psicologico di subire il trattamento in ospedale. E a novembre, Giordano tornerà a Napoli per presentare un accordo di sperimentazione su un progetto di rene artificiale nell’ambito del Congresso mondiale di Nefrologia. La pensione, insomma, può attendere.