«È meglio annegare che vivere da bestie»
Sono arrivati da Cile, Colombia, Pakistan, Albania, Congo, Perù, Marocco, India, Nigeria, Equador, Romania, Ucraina, e da tantissimi altri Paesi del mondo. L’hanno fatto attraversando mari, oceani, deserti, praterie, montagne, città, lasciando alle spalle le proprie famiglie, le proprie case, ma anche povertà, difficoltà e preoccupazioni. E il più delle volte, guerre. Tutto, nella speranza di una vita migliore, «perché è meglio annegare cadendo da un barcone piuttosto che esser strangolati dalla miseria, è meglio morire a modo nostro anziché vivere come bestie...».
Sono gli oltre 50mila stranieri che oggi risiedono in Trentino, un patrimonio umano e culturale unico nel suo genere che ieri a Riva sono stati rappresentati dalle delegazioni delle loro comunità nazionali in occasaione della «Giornata del Migrante e del Profugo», celebrata a livello diocesano con la presenza dell’arcivescovo Lauro Tisi, del presidente dell’Associazione Trentini nel mondo, e da tutte quelle istituzioni - laiche e religiose - che ogni giorno si impegnano in attività di integrazione, di solidarietà, di cultura all’accoglienza.
«Oggi purtroppo i migranti sono il più delle volte solo dei “numeri” o delle “statistiche” - hanno detto - ma senza queste persone la nostra società non sarebbe la stessa. Così come la nostra economia non sarebbe la stessa senza quei milioni di stranieri che ogni anno raggiungono il Trentino per vacanza. Allora perché selezionare e catalogare “l’altro” in base al peso del portafogli anziché riconoscerci tutti semplicemente come esseri umani? Uomini, donne, bambini. Ognuno con il desiderio di essere e di esserci, per rappresentare un popolo, una cultura, una lingua, ma soprattutto per essere promotori della bellezza di un sorriso, di una lacrima, e di tutto ciò che rende unici i nostri cuori».
«Svizzera, Usa, Canada, Australia, Belgio, Germania, non sarebbero i Paesi che sono oggi se non ci fosse stato il contributo dei migranti italiani e trentini - ha aggiunto Padre Maronese dei Verbiti di Varone - Perché dunque non tendere la mano verso chi, attraverso il proprio lavoro, può contribuire alla crescita del nostro Paese? Eppure, se ci fermassimo un attimo a riflettere, capiremmo che la storia stessa dell’umanità non ha mai smesso di essere caratterizzata dalle migrazioni. Il contesto storico favorevole in cui viviamo oggi non può e non deve pertanto giustificare la nostra paura di parlare di migrazioni. Dobbiamo uscire dal nostro egocentrismo, dal nostro individualismo. Dobbiamo tendere la mano e farci solidali indipendentemente dalla lingua parlata, dal colore della pelle, dall’abito che indossiamo, dal cibo che mangiamo...».
«Voi avreste mille motivi per essere tristi, incattiviti, imbronciati - ha osservato l’arcivescovo Tisi in occasione dell’omelia, celebrata durante la santa Messa officiata assieme ai parroci dell’Alto Garda nella chiesa di Santa Maria Assunta, indirizzando le sue parole proprio ai migranti presenti - Eppure le onde del Mediterraneo, la solitudine dei deserti, l’asperità delle montagne, le periferie massacrate dalle guerre, non vi hanno tolto la forza di sorridere, non vi hanno tolto la voglia di vivere. Regalate anche a noi questa gioia e questo desiderio, perché ne abbiamo bisogno. Perché il mondo di oggi ne ha bisogno. E noi, in famiglia, al lavoro, a scuola, finanche nelle stanze ecclesiali, torniamo ad esser tutti fratelli e sorelle. Smettiamo di chiacchierare a vanvera sul Vangelo, impariamo ad apprezzare il gusto della vita. Impariamo ad amare i suoni, gli odori, i colori. Impariamo a tendere la mano e a donare».