Il rapporto Istat sui giovani in Italia Sono sempre meno, fuggono all'estero e stanno più a lungo in famiglia
Secondo i dati del Rapporto Annuale 2019 Istat, riguardo al fenomeno delle migrazioni interne, si osserva un sistematico deflusso di giovani italiani dai 20 ai 34 anni con livello di istruzione medio-alto dalle regioni del Mezzogiorno verso il Centro-nord (circa 250 mila durante il decennio).
Il saldo migratorio con l’estero degli italiani mostra contestualmente valori negativi, con una perdita netta nell’ordine di 420 mila residenti nello stesso arco temporale. Circa la metà di questa perdita è costituita da giovani dai 20 ai 34 anni e, tra essi, due su tre sono in possesso di un livello di istruzione medio-alto. I principali paesi di destinazione di questo «brain drain» («fuga di cervelli») sono il Regno Unito e la Germania.
Il contrasto del declino demografico passa per la rimozione degli ostacoli che si frappongono alla realizzazione dei progetti di vita dei giovani.
Uscendo dalla famiglia di origine sempre più tardi, i giovani di oggi sperimentano percorsi esistenziali più frammentati rispetto alle precedenti generazioni, nei quali le tappe della transizione alla fase adulta della vita, a cominciare dal raggiungimento dell’autonomia e dell’indipendenza economica, si spostano in avanti. Al 1° gennaio 2018, i giovani dai 20 ai 34 anni sono 9 milioni e 630 mila, il 16% del totale della popolazione residente; rispetto a 10 anni prima sono diminuiti di circa 1 milione 230 mila unità (erano il 19% della popolazione al 1° gennaio 2008).
Più della metà dei 20-34enni (5,5 milioni) è tuttora celibe o nubile e vive con almeno un genitore. Fra il 2008 e il 2018 è aumentata la distanza fra giovani e adulti in termini di stabilità del lavoro: la quota di dipendenti a tempo indeterminato tra i primi è scesa dal 61,4% al 52,7, mentre quella degli over 35 è aumentata di 1,1 punti, attestandosi al 67,1%.
In parallelo va dato atto che l’innalzamento del livello medio di istruzione della popolazione si è tradotto in un ricambio generazionale degli occupati a favore di coorti sempre più istruite: tra il 2008 e il 2018 i laureati occupati aumentano di 1 milione 431 mila unità e il loro peso relativo (tra gli occupati) passa dal 17,1 al 23,1%.
Persistono forti disuguaglianze nelle condizioni di benessere, legate, oltre che al territorio, al livello di istruzione, al genere e alle generazioni. In particolare, i giovani appaiono fortemente penalizzati sul mercato del lavoro e più esposti alla povertà. L’incidenza di povertà assoluta è infatti particolarmente alta e ha registrato il maggiore incremento degli ultimi dieci anni per le persone fino a 17 anni e tra 18 e 34 anni (rispettivamente 8,9 e 6,4 punti percentuali in più del 2008). Infine, la tendenza a una minore partecipazione civica è più accentuata fra le giovani generazioni, sia guardando l’ultimo anno disponibile sia nell’orizzonte decennale.