Dall'Università di Trento lo studio: "Ecco la proteina che attiva la distruzione di cellule tumorali"
Uno studio dell'Università di Trento rivela una proteina che controlla, come un interruttore, l'attivazione dei processi di morte delle cellule tumorali coordinati da p53, la proteina conosciuta come guardiano del genoma. Il risultato, pubblicato sulla rivista Cell Reports, potrà servire a sviluppare terapie oncologiche più mirate ed efficaci.
Lo studio, in particolare, identifica alcuni fattori che influiscono sull'esito di questa battaglia tra le cellule tumorali e la proteina p53, e quindi sull'efficacia di una terapia contro il cancro. Finora, infatti, non si capiva bene quali fossero gli elementi in grado di portare a due scenari alternativi, e non ugualmente desiderabili al fine terapeutico.
Da una parte quello che vede le cellule tumorali arrestare la loro proliferazione, dall'altra quello in cui si assiste a una loro corsa verso la morte. Entrambi questi destini sono controllati dal guardiano del genoma (la proteina p53). Ora si è scoperto che c'è un fattore specifico, una proteina chiamata DHX30, che controlla come p53 possa indirizzare le cellule tumorali verso la morte.
Quando le cellule tumorali sono trattate con un farmaco particolare, la presenza di questo interruttore (DHX30) influenza il destino delle cellule nell'andare verso la morte piuttosto che verso l'arresto del ciclo cellulare", dice Erik Dassi del gruppo di ricerca. Il collega Alberto Inga spiega: «Il farmaco agisce attivando p53, il famoso guardiano del genoma, che controlla molti possibili destini della cellula tumorale.
Per decenni si è pensato che potessimo capire come far 'scegliere' alle cellule tumorali di attivare il processo di morte programmata agendo a 'monte' di p53". Dario Rizzotto, primo autore dell'articolo, precisa: "Quello che proponiamo, invece, è che una parte rilevante di quella decisione avvenga 'a valle' di p53. In altre parole, l'attivazione di p53 nelle cellule tumorali implicherebbe sempre una molteplicità di possibili risposte delle cellule stesse, e l'interruttore che abbiamo scoperto controlla quello che potrebbe essere il più rilevante a scopo terapeutico. Se viene meno l'interazione tra DHX30 e specifici RNA messaggeri, abbiamo morte cellulare".