L'epatite C in Italia più diffusa di quanto si creda: almeno il doppio di positivi
L'infezione da virus dell'epatite C è molto più diffusa di quanto si ritenga. E' la conclusione di un'indagine effettuata dai medici della Gastroenterologia dell'ospedale all'Angelo di Mestre (Venezia) con la collaborazione del Laboratorio analisi e della Microbiologia, validata e accolta dal congresso internazionale di Epatologia organizzato dalla Società europea per lo studio del fegato.
Il tasso di positività, misurato su 11 mila pazienti ricoverati nell'area chirurgica dell'ospedale, si è attestato sul 2,2%, contro una prevalenza, per territorio veneziano, stimata attorno allo 0,7-1%.
"La prevalenza di questa infezione è dunque superiore a quella attesa - afferma il pèrimario Alessandro Caroli, che ha ideato e diretto lo studio scientifico -. La maggioranza dei pazienti identificati non era al corrente dell'infezione, che spesso decorre subdola e senza sintomi. La nostra proposta è quindi di attivare in tutti gli ospedali lo screening per il virus dell'epatite C al momento del ricovero, per identificare i portatori e riuscire poi a trattare ed eliminare una fetta consistente di questa infezione".
La cura del paziente con epatite C è più semplice ed efficace rispetto al passato, grazie ai nuovi antivirali ad azione diretta, sostanzialmente priva di effetti collaterali e di grande efficacia, perché nel 99% dei casi comporta l'eliminazione del virus. Il costo si è fortemente ridotto e alla terapia possono essere sottoposti pressoché tutti i pazienti, rispondendo all'indicazione dell'Organizzazione mondiale della sanità. "Il nostro studio - prosegue Caroli - ha dimostrato che i pazienti ricoverati rappresentano una parte di popolazione facilmente indagabile, con costi molto inferiori a quelli di uno screening effettuato nel territorio. Basta inserire questo semplice test nel complesso degli esami a cui viene sottoposto il paziente al momento del ricovero. I risultati arrivano in un giorno ed è poi possibile valutare rapidamente il paziente e avviarlo alla terapia".
Per il direttore generale dell'Ulss 3 Serenissima, Giuseppe Dal Ben "l'indagine conferma l'importanza dell'ospedale di Mestre non solo per l'eccellenza delle sue cure, ma anche per la qualità dei suoi specialisti, in grado di ideare e farsi promotori di studi scientifici e di buone nuove pratiche".