Scoperto l’«interruttore» delle demenze nel cervello, anche il Cibio in prima linea nella ricerca sulla proteina tau
Nuova frontiera nella prevenzione e cura di Alzheimer e Parkinson, la ricercatrice trentina Michela Denti: «Il settore si sta sviluppando con una velocità senza precedenti»
MILANO. Una scoperta importante per la cura e prevenzione delle demenze senili: identificato nel cervello un «interruttore» molecolare che regola la produzione della proteina tau coinvolta nel Parkinson e nell'Alzheimer: si tratta di una lunga molecola di Rna non codificante (lncRNA), simile a quelle che modulano la produzione di altre proteine (come la beta-amiloide e l'alfa-sinucleina) legate a malattie neurodegenerative.
La scoperta, che potrebbe aprire la strada a nuove terapie a base di RNA, è pubblicata su Nature da un gruppo di ricerca internazionale guidato da Roberto Simone dell'University College di Londra (UCL), a cui ha partecipato anche il Centro di biologia integrata (CIBIO) dell'Università di Trento.
"La proteina tau ha un ruolo vitale nelle cellule del cervello: serve a stabilizzare e mantenere le strutture del citoscheletro che permettono il trasporto dei materiali lì dove servono", spiega Simone.
"Quando la proteina tau è presente in eccesso risulta dannosa, perché diventa tossica e potenzialmente in grado di danneggiare le cellule e favorire la diffusione e la progressione della malattia degenerativa. Sebbene tau sia studiata da più di trent'anni, finora non sapevamo come venisse controllata la sua produzione".
Grazie a esperimenti su cellule e modelli animali, i ricercatori hanno individuato una molecola di lncRNA che agisce da interruttore tenendo sotto controllo la produzione di tau. "Se trovassimo un modo per potenziare i livelli di questo lcnRNA potremmo ridurre la produzione di tau, cosa che potrebbe rallentare o fermare la distruzione delle cellule nel cervello", afferma Rohan De Silva dell'UCL.
"Questo studio arriva al momento giusto", gli fa eco Michela Denti dell'Università di Trento, anche lei tra gli autori dello studio. Il suo team è tra i pionieri in Europa nello sviluppo di terapie a RNA contro la neurodegenerazione. "Il settore si sta sviluppando con una velocità senza precedenti", rileva l'esperta. "I progressi tecnologici a cui stiamo assistendo ci permetteranno presto di portare queste molecole di RNA nel distretto più inaccessibile del corpo: il cervello".