Giù le mani dalla carne salada: è dell'Alto Garda, fin dal 1400, e ci sono le prove scritte
L’excursus dell’esperto Giuseppe Casagrande: dal manoscritto medioevale, al documento del 1515, alle ordinanze austroungariche, la «patria» del salume è fra Bolognano, Varignano, Varone, Tenno. Che la nuova Igp vuole escludere
ALTO GARDA . Non si placa la disputa sulla carne salada e relativo riconoscimento europeo del marchio IGP (Indicazione Geografica Protetta). La certificazione – richiesta dal Consorzio produttori trentini salumi, con l'avvallo della Provincia – esclude infatti dalla definizione certe zone del Trentino (come Tesino e Primiero), e il Basso Sarca. Che invece ne è la culla e la patria indiscussa.
A provarlo, ad esempio, è un articolo scritto alcuni anni fa dall’esperto giornalista e gastronomo Giuseppe Casagrande, direttore della rivista mitteleuropea (in italiano e tedesco) Papageno. Ecco il frutto delle sue ricerche.
«Ci sono piatti raffinati che non suscitano alcuna emozione, cosiccome esistono donne bellissime che non ispirano la benché minima attenzione". Lo diceva Ennio Flaiano, uno che di gastronomia (e di belle donne) se ne intendeva. Parole sante. Che c'è di meglio, infatti, di un piatto ruspante e genuino? La cucina trentina, dopo gli anni del boom turistico con relativo appiattimento dell'offerta gastronomica sta riscoprendo in questi ultimi tempi la sua vera identità con la valorizzazione di alcuni piatti della tradizione contadina che rischiavano di scomparire. Pensiamo al tonco de pontesel, allo smacafam, al tortel de patate, agli strangolapreti, ai fasoi en bronzon, alla carne salada. Piatti poveri se volete, ma che non hanno nulla da invidiare alle proposte auliche di certe cucine blasonate.Questa volta accendiamo i riflettori sulla carne salada, un vecchio piatto apprezzato fin dai tempi del Concilio Tridentino, il summit politico-religioso che per 18 anni (dal 1545 al 1563) fece di Trento una sorta di caput mundi.
Una data precisa, il 1515, ne attesta la presenza in quell'angolo di Trentino baciato dalla brezza del Garda. La carne salada è infatti annoverata tra i beni di Castel Tenno in un inventario del vicario Antonio Beriano a favore del principe vescovo Bernardo Clesio. Ma già nel Quattrocento viene citata in un manoscritto dal titolo "Libro de cosina composto et ordinato per lo hegregio homo Martino de Rubei de la Valle de Bregna, coquo dell'illustre Signore Johanne Jacobo Trivulzio".
La consacrazione vera e propria di questa pietanza risale, invece, al Settecento per merito della famiglia Benini di Cologna di Tenno (una delle poche famiglie dell'antico borgo che si erano salvate dalla peste), famiglia che codificò il metodo ancor oggi utilizzato per marinare la "carne salada" al fine di prolungarne la conservazione.
Interessanti sono inoltre alcune ordinanze di fine Ottocento ed inizio Novecento firmate dai responsabili annonari dell'Imperial Regio Governo Austriaco che vietarono la vendita di carni bovine fresche, maiali, pecore, capre, cavalli, conigli, volatili e selvaggina per tre giorni alla settimana (il lunedì, il mercoledì e il venerdì) con la sola eccezione della carne salada ed "insaccata" esclusi però i cotechini, gli zamponi, le salsicce e le lucaniche fresche.
Le violazioni di tali norme erano punite con multe fino a 5 mila corone e l'arresto fino a tre mesi di reclusione con la chiusura delle macellerie e delle trattorie inadempienti. Forse anche per queste restrizioni la carne salada ha avuto quella notorietà che nemmeno le vicende belliche erano riuscite a scalfire.
Ed oggi è diventata il simbolo gastronomico di numerosi comuni del versante trentino del Lago di Garda (Riva, Arco, Torbole) e dell'entroterra (Bolognano, Varignano, Varone, Tenno) con appendici nella vicina Valle di Ledro, nel Bleggio e nelle Giudicarie. Ma la patria indiscussa è Tenno con le frazioni di Gavazzo, Canale, Ville del Monte, Pranzo, Cologna.Qui la famiglia Benini che da quattro generazioni gestisce la mitica trattoria Piè di Castello prepara la carne salada con l'amore riservato alle cose preziose.
Giorgio Benini ci ha confessato che il segreto sta tutto nella materia prima. Lui utilizza solo tagli pregiati (fesa, scamone, controfiletto) di carni selezionate e certificate del vicino Lomaso e della Val Rendena. Fondamentale è poi la "concia" (sale, pepe, bacche di ginepro, alloro, rosmarino e aglio), mentre i tempi di marinatura possono variare dai 25 ai 30 giorni.
In tavola la "carne salada" è proposta cruda, in carpaccio, oppure leggermente affumicata o, ancora, scottata sulla piastra e accompagnata da un contorno di fagioli conditi con un filo di olio extravergine del Garda. Oltre alla Trattoria Piè di Castello (il locale, datato 1663, sorge nel cuore del borgo medievale di Cologna a due passi dalla famosa cascata del Varone e ad un tiro di schioppo da Riva del Garda) segnaliamo il Ristorante "Castello" (Tenno), "Cà Briosi" (Cologna), "Foci da Rita" (Tenno), il "Belvedere" (Varignano di Arco), il "Piccolo Mondo" (Torbole)».