Salute / Piano

Infermieri di famiglia, restano lontani gli obiettivi numerici fissati

A breve dovrebbero aprire due postazioni nella valle dell'Adige, ma il primo step prevedeva 21 figure presenti sul territorio provinciale per potenziare l'assistenza al paziente bloccato a letto o malato cronico

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di Patrizia Todesco

TRENTO. Garantire l'assistenza vicino al paziente, che sia bloccato a letto o sia un malato cronico. Un ruolo fondamentale, per raggiungere l'obiettivo, lo hanno gli infermieri che lavorano su tutto il territorio provinciale a tre livelli: quelli delle cure domiciliari, quelli delle cure palliative e gli infermieri di famiglia.

Oltre 210 professionisti che ogni giorno operano in tutte le valli, coprendo anche i luoghi più lontani dai centri principali. Se per i primi due servizi il Trentino, stando ai numeri, è promosso a pieni voti, sugli infermieri di famiglia - complice la carenza di personale - gli obiettivi prefissati non sono stati ancora raggiunti. Otto erano al 31 dicembre 2022 e otto sono rimasti a oggi.

«A breve apriremo due postazioni nella valle dell'Adige», garantisce Paola Stenico, direttore dell'Unità operativa direzione delle professioni sanitarie. Rimane però ancora lontano l'obiettivo finale, che è quello di avere sul territorio provinciale, almeno per iniziare, 21 infermieri di famiglia.

«Il progetto è una delle più importanti novità del dipartimento delle Cure primarie ed è di ottobre 2023 la delibera con la quale la giunta ha definito, in un'ottica originale, ruolo e funzioni dell'infermiere di famiglia valorizzando la prossimità per intercettare fragilità silenti, ossia quella parte di popolazione che non riesce ad accedere ai servizi».

Una sfida importante, dunque, ma la carenza di professionisti rende il reclutamento decisamente difficile anche se a far sperare sono i due corsi universitari di perfezionamento per infermieri di famiglia. «Uno partirà a gennaio e uno qualche mese dopo e abbiamo avuto una buona adesione», spiega Stenico.

Non è però automatico che questi professionisti scelgano di andare sul territorio anche perché molti sono già impiegati in altri ruoli e spostarli potrebbe essere un problema.

Ma come mai in altre regioni i numeri sono maggiori? «Dipende dal modello adottato. Anche noi se trasformiamo gli infermieri domiciliari in infermieri di famiglia dall'oggi al domani abbiamo numeri molto alti. Abbiamo invece scelto di lavorare diversamente, formando persone che fanno la differenza sul territorio. Quelli presenti, ad esempio, hanno fatto un gran lavoro con i pazienti cronici. Sono stati rivisti tutti i percorsi diagnostici terapeutici. Non basta mettere etichette, ma serve riempire questi ruoli di contenuti».

Attualmente gli infermieri di famiglia sono presenti nelle Giudicarie, nell'Alto Garda, a Levico, in val di Sole, a Borgo Valsugana e nel Tesino e a Trento.

A livello nazionale, secondo l'ultimo rapporto sul personale del Ssn appena pubblicato dal ministero della Salute con dati aggiornati al 31 dicembre 2022, dicono che al momento si contano in Italia 1. 464 infermieri di famiglia assunti in 11 regioni. L'obiettivo era quello di assumerne 9. 600, ma finora non si è arrivati nemmeno al 20% del target.

«Per molte regioni d'Italia l'infermiere di famiglia è stata la prima figura pubblica che veniva messa sul territorio. L'hanno chiamato infermiere di famiglia, ma in realtà fa le funzioni dell'equipe di assistenza domiciliare. Noi per tradizione e per lungimiranza abbiamo uno standard di cure domiciliari quasi europeo», spiega Gino Gobber, direttore presso Dipartimento cure primarie.

I dati del 2023 rivelano un Trentino che sull'assistenza domiciliare è ai vertici in Italia. Rispetto all'obiettivo intermedio, che nel 2023 era seguire 10. 017 persone ultrasessantacinquenni, numero abbastanza vicino all'obiettivo finale del 2025 che è di seguire 12. 700 persone, la nostra provincia ha raggiunto una copertura del 234%. OttimI dati del 2023 rivelano un Trentino che sull'assistenza domiciliare è ai vertici in Italia. i risultati anche sul fronte delle cure palliative, dove la copertura è del 134%, dato più alto d'Italia.

«A fronte di questi che sono obiettivi centrati, siamo riusciti a fare una reale progettazione sull'infermiere di famiglia per seguire quei pazienti che sono ancora attivi, deambulati, cronici ma non così gravi da essere seguiti con un piano di assistenza a casa e che cerchiamo di accompagnare giocando d'anticipo in modo che non peggiorino», spiega il direttore. Un ruolo importantissimo, ma non facile da assegnare soprattutto in un momento in cui l'equipe formata da 205 tra infermieri delle cure domiciliari e quelli delle cure palliative, ha visto, dopo il Covid, andare in pensione decine di professionisti e sostituirli, spiega Gobber, non è stato affatto facile. «È stata comunque la nostra priorità. Anche da qui nasce il ritardo nel decollo dei numeri della figura dell'infermiere di famiglia». «Noi dobbiamo formare bene i professionisti che andranno a ricoprire questo ruolo. Il Pnrr è un operazione a debito. Se alla fine, se non avremo messo i servizi, noi lasceremo ai nostri figli e nipoti i debiti, senza lasciare nulla. Questa è una corsa grave. Noi dobbiamo lavorare non facendo operazioni cosmetiche, ma creando reali servizi».

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