Non è il calcio il «male» dello sport

La proposta del presidente del Coni trentino, Giorgio Torgler, di «espellere» il calcio professionistico dal Coni, sarebbe dettata dalla volontà di equilibrare in qualche modo i piccoli sport contro il colosso calcio. Di fatto tutto lo sport professionistico italiano è già fuori dal Coni da un bel pezzo e va per conto proprio. Non solo calcio ma anche basket, pallavolo, ciclismo, rugby e altri, si organizzano nei livelli più alti, secondo logiche più o meno riuscite di marketing  LUIGI LONGHI«Il calcio vada fuori dal Coni» Vota il sondaggio I tuoi commenti La risposta della Figc

calcio pallone neve La proposta del presidente del Coni trentino, Giorgio Torgler, di «espellere» il calcio professionistico dal Coni, sarebbe dettata dalla volontà di equilibrare in qualche modo i piccoli sport contro il colosso calcio. Di fatto tutto lo sport professionistico italiano è già fuori dal Coni da un bel pezzo e va per conto proprio. Non solo calcio ma anche basket, pallavolo, ciclismo, rugby e altri, si organizzano nei livelli più alti, secondo logiche più o meno riuscite di marketing. Del resto, lo sport ad altissimo livello è uno spettacolo vero e proprio con logiche proprie che, piacciano o no, spesso nulla hanno in comune con lo sport di base.

Oggi, il Coni, nato da una grande intuizione post bellica dell'Italia repubblicana, che per decenni si è autofinanziato grazie al denaro che il calcio versava alle altre discipline, è ormai obsoleto e da più parti si chiede una riforma strutturale che sia al passo dei tempi. In altre parole, il Coni è diventato una sorta di subministero con migliaia di impiegati che non offrono più servizi adeguati ai tempi. Inevitabile quindi che le Federazioni, vere detentrici del potere sportivo, vadano di fatto per conto proprio, decidendo campionati, strategie, gestendo l'attività in ogni aspetto. Finanche l'attività motoria è ormai in mano alle Federazioni che organizzano iniziative a favore dei più piccoli con corsi di avviamento allo sport. Il Coni ha dunque perso il proprio ruolo e a poco servono gli strali contro il calcio per rilanciare un ente che dovrebbe essere quello di sintesi. A tal proposito perché il Coni trentino non ha più chiesto di ripetere (e magari ampliare) la bella esperienza del Festival dello Sport nato da un'idea dell'ex assessore provinciale Iva Berasi? Quello era un vero momento di incontro e sintesi dello sport trentino che metteva in contatto esperienze e persone, oltre che tanti ragazzi/e nel modo migliore e cioè sui campi sportivi. Può piacere o meno ma il calcio rimane nettamente lo sport più popolare, l'unico che copre interamente la geografia trentina; le società calcistiche si fanno carico di aspetti sociali ben oltre i propri compiti (e spesso possibilità) in uno spirito di volontariato spesso disconosciuto perché ritenuto «normale».

Ovviamente tutto è perfettibile, anche il calcio, ma da qui a pensare che sia peggiore degli altri sport, ce ne corre. Tanto per fare un esempio: non è passato molto tempo dalle pesanti squalifiche di dirigenti sportivi trentini che falsificavano le classifiche di gare giovanili di una «piccola» disciplina per portare i ragazzi ai campionati italiani. Le «piccole» federazioni non devono sentirsi vittime del calcio (soprattutto in Trentino) ma facciano lo sforzo di farsi conoscere (addetto stampa, contatti con i media etc) e sappiano sfruttare l'esempio dei campioni che sanno sfornare. Un campione italiano o del mondo è un veicolo promozionale enorme che deve essere «sfruttato». Se crediamo che basti cacciare il calcio per far crescere le «piccole» discipline, siamo fuori strada. A meno che non si voglia colpire un facile bersaglio per nascondere le difficoltà di un ente giunto al capolinea della sua gloriosa storia. l.longhi@ladige.it

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