Il ritorno a Trento di Tsvetan Sokolov
Era partito pulcino, è tornato gallo. Cedrone. E ieri la società Diatec Trentino volley lo ha presentato ufficialmente come l'opposto titolare della nuova squadra di Roberto Serniotti. Tsvetan Sokolov, detto Tsezo, è tornato all'ovile dopo un anno giocato a Cuneo e dopo essere appena tornato dalla Danimarca dove ha disputato i campionati europei con la nazionale bulgara. Un secondo posto in Champions league e il quarto continentale hanno cambiato Tsezo
TRENTO - Era partito pulcino, è tornato gallo. Cedrone. E ieri la società Diatec Trentino volley lo ha presentato ufficialmente come l'opposto titolare della nuova squadra di Roberto Serniotti. Tsvetan Sokolov, detto Tsezo, è tornato all'ovile dopo un anno giocato a Cuneo e dopo essere appena tornato dalla Danimarca dove ha disputato i campionati europei con la nazionale bulgara. Un secondo posto in Champions league e il quarto continentale hanno cambiato Tsezo.
Già, com'è cambiato...
Pallavolista di ruolo schiacciatore opposto, è arrivato a Trento nel 2008. Nemmeno ventenne, è nato l'ultimo giorno del 1989, l'allora allenatore dell'Itas Diatec Radostin Stoytchev lo aveva voluto a tutti i costi. Carte bollate e udienze in tribunale per scardinare la norma della Federazione internazionale che vietava alle squadre di ingaggiare un giocatore sotto i 23 anni. Fino all'agognato traguardo: nel 2009 poté essere regolarmente tesserato. «Sono davvero grato a Stoytchev che mi ha voluto a Trento e che mi ha permesso di arrivare in una società splendida, per me una famiglia», ricorda Tsvetan.
All'epoca in squadra, nel suo ruolo, c'era un mostro come Leo Vissotto e così la sua vita professionale era limitata agli allenamenti e qualche sporadica comparsa. L'anno dopo Vissotto decise di lasciare Trento: lui - Tszezo - aveva forse cullato il sogno di diventare titolare. Ma la società decise di puntare su Jan Stokr. E per il ventenne Sokolov riprese la spola tra panchina (molta) e campo (poco). A quel tempo lui non l'aveva presa proprio bene. Ogni tanto, a fine partita, metteva su un broncetto. Specie quando era arrivata una sconfitta. Un broncio che significava: se non gioco in queste occasioni, quando la squadra non gira e il titolare del mio ruolo non funziona, quando giocherò? Adesso, maturato, ripensa a quei giorni con altro spirito: «Stoytchev ha sempre avuto ragione: per lui parlano i suoi risultati e le sue vittorie: evidentemente riteneva che la macchina funzionasse bene così come stava andando. Quando una macchina va bene, perché cambiarla?», sorride alla propria metafora automobilistica che svela così anche la sua passione. E infatti guida una Porsche.
Nell'estate del 2012, la svolta. La società decide di svezzarlo: Stokr rimarrà per un altro anno soltanto e nel frattempo Tszezo se ne andrà in prestito a Cuneo. Il ragazzo deve farsi le ossa, imparare ad assumersi responsabilità. Poi sarà pronto. «È giusto uscire, fare nuove esperienze per conoscere nuovi mondi, nuovi modelli organizzativi, nuovi compagni. E così poi si può anche apprezzare di più ciò che effettivamente hai lasciato», spiega il presidentre Diego Mosna, che aveva ideato e messo in atto il piano. Tanto che quest'anno ha fatto di tutto per impedire che il ragazzone bulgaro non accettasse di tornare a Trento, una squadra che sulla carta non è più il team delle meraviglie, ma - come ha efficacemente aggettivato qualche giorno fa il nuovo capitano Emanuele Birarelli - «una squadra operaia».
Un biglietto in tasca, destinazione Cuneo, con tante aspettative. Innanzitutto lui ha provveduto a sostituire il biglietto con un pieno di benzina. Poi si è messo nelle mani dell'allenatore della Bre Banca Roberto Piazza, convinto di giocare, di sfondare, di tornare campione. Una specie di scommessa, una di quelle che lui adora fare. Sorride: «Ne ricordo una, fatta con Matey Kaziyski. Eravamo in occasione della semifinale di playoff contro Trento. Dissi che avrei murato un attacco di Osmany Juantorena, posta una cena». Cena puntualmente vinta da Tszezo, «ma non ancora incassata», se la ridacchia ancora.
Dunque: Piazza lo lancia titolare ma, a stagione iniziata, accade un inghippo. Gigi Mastrangelo litiga con il tecnico e i piemontesi rimangono scoperti nel ruolo di centrale. Piazza tira fuori dal cilindro una soluzione che ai più pare bizzarra, ma alla fine si rivela per nulla peregrina: Oleg Antonov fa l'opposto e s'inventa Sokolov centrale. «Attaccavo cinque palloni in una partita - scuote la testa Tszezo -. Però posso dire che è stata un'esperienza interessante». Alla fine, sdoppiandosi in centrale e opposto, è arrivata una finale di Champions league persa 14-16 al tiebreak contro i russi del Lokomotiv, e una semifinale in campionato, persa contro Trento. In più, il titolo di miglior opposto del campionato e un'estate di pellegrinaggi con la nazionale bulgara. In Argentina per la World league, in Polonia e Danimarca per i Campionati europei: in entrambi i casi un quarto posto che lo indispettiscono un po': «Brutto vincere la medaglia di legno». Brutto, certo, però significa anche essere lì. A questo si aggiunga che Tszezo è quasi sempre stato il top scorer delle partite e il risultato salta fuori: ecco il campione. Che ora è tornato a Trento.
Certo, una Trento che forse lui non riconosce: senza Stoytchev, Kaziyski, Juantorena, Raphael, Djuric, Bari... Ma una Trento che ha voglia di divertirsi e divertire. E lui, Tszezo, si candida a guidarla. «Per trovare l'intesa coi nuovi palleggiatori Sintini e Suxho ho bisogno solo di due o tre allenamenti. Tornerò a fare il mio ruolo, l'opposto, e il mio compito è quello di "sistemare" i palloni difficili, quelli che arrivano sbilenchi, bassi o troppo alti. Ma confesso una cosa: non mi interessa come arriva il pallone, mi basta solo che arrivi. Al resto voglio pensarci io».
Determinato, coraggioso, sportivamente sfrontato, Sokolov sta assaporando il suo ritorno. Un Enea forgiato dalle battaglie, dai cambi di ruolo, dai tanti compagni di gioco. E come Enea rappresenta la speranza di sopravvivenza di una squadra smembrata dagli achei dell'Halkbank. Lui sa che dovrà caricarsi sulle spalle Anchise e trascinare la squadra alla salvezza, rappresentata dalla vittoria: «Per me è ottimo avere responsabilità, un peso sulle spalle aiuta a crescere. Comunque, ho già visto i miei nuovi compagni di squadra e ho parlato con l'allenatore: credo che potremo essere la sorpresa di questo campionato. Anzi, ne sono sicuro». Parola di Sokolov, due metri e cinque di voglia di vincere. E di riscrivere la sua personale Eneide, a Trento.