L'Aquila vince e vola in serie A
È stato un abbraccio caldo, caldissimo, anzi «hot». E non solo per il caldo torrido che annunciava l’estate in arrivo. La città ha accolto con un affetto incredibile i neocampioni dell’Aquila Basket: centinaia di tifosi si sono radunati in Largo Carducci, al «Plan», per salutare coach Buscaglia e i suoi ragazzi. Alla spicciolata, passeggiando finalmente rilassati, uno a uno i beniamini del PalaTrento si sono presentati con sorrisi grandi così, accolti dagli applausi e dall’entusiasmo di tutti, grandi e piccini. Ed è stato un affetto ricambiato La festa in città (Sartori)La fine del match (Liguori)
È stato un abbraccio caldo, caldissimo, anzi «hot». E non solo per il caldo torrido che annunciava l’estate in arrivo. La città ha accolto con un affetto incredibile i neocampioni dell’Aquila Basket: centinaia di tifosi si sono radunati in Largo Carducci, al «Plan», per salutare coach Buscaglia e i suoi ragazzi, il presidente Longhi e il dg Trainotti. Alla spicciolata, passeggiando finalmente rilassati, uno a uno i beniamini del PalaTrento si sono presentati con sorrisi grandi così, accolti dagli applausi e dall’entusiasmo di tutti, grandi e piccini. Ed è stato un affetto ricambiato. Da «Toto» Forray, indubbiamente il più amato dai tifosi, che lo hanno accolto con un’autentica ovazione; dal gigante Lechthaler, assediato dai bambini e a lungo impegnato a firmare autografi; da Bj Elder, accolto come una star, da Dada Pascolo, che sfoggiava per l’occasione due baffoni a manubrio come non se ne vedevano da tempo; da «Spongi» e Baldi Rossi, dall’eroe della finale, Brandon Triche, tra i più gettonati per un selfie o un autografo. È stata, insomma, una bellissima festa, che corona una stagione straordinaria.
L'ANALISI
di Matteo Lunelli
Il sogno è realtà. La storia è stata scritta. L'Aquila Basket è in serie A! I ragazzi di coach Buscaglia hanno vinto ieri sera a Capo d’Orlando, chiudendo così la serie di finale con un netto e meritato 3-0. Il coronamento di una stagione per la quale mancano gli aggettivi. Solitamente si scrive che queste vittorie hanno un nome e un cognome. Ma nel caso dell’Aquila Basket non è possibile, perché mai come in questo caso si tratta di un successo del gruppo, inteso come squadra, staff tecnico e società. E ci mettiamo pure i tifosi e una città intera, che si è appassionata a questo sport e innamorata di un gruppo di ragazzi che ha saputo conquistare tutti, a suon di canestri e di sudore, a suon di occhi da tigre e voglia di stupire.
E’ stata la vittoria di Brandon Triche, che ci ha fatto scoprire il significato del termine rookie e ci ha fatto saltare in piedi grazie al suo gioco fatto di scatti e accelerazioni fulminee. I 43 punti di gara 3 non sono frutto del caso o di una serata particolarmente fortunata. Sono frutto di un talento pronto ad esplodere e di una mentalità da vincente. Mai sopra le righe, tanta sostanza e poco spettacolo (fuori dal campo si intende), ha saputo far dimenticare Umeh a suon di canestri.
Restando negli States, è stato il successo di BJ Elder, andatura caracollante, spalle enormi e tiro preciso. Un leader silenzioso e poco appariscente. Talmente poco che nel finale di stagione non ci si è quasi accorti della sua assenza, o meglio dei suoi scarsi minutaggi e scarsi contributi di punti (ad esclusione dei primi cinque minuti di gara 3).
Poi Spanghero e Pascolo. Pascolo e Spanghero. Impensabile parlare di uno senza nominare l’altro. Amici in campo e fuori dal campo, sono l’emblema della lungimiranza di Salvatore Trainotti. Due giovani scommesse capaci di esprimersi come due veterani d’esperienza. Caratterialmente il giorno e la notte, o meglio il bianco e il nero per restare il tema Aquila Basket: l’uno estroso, irriverente e sfrontato, l’altro timido, concreto e introverso. Non servono numeri e percentuali per descrivere la loro stagione: basta che guardiate i tifosi, come li abbracciano e come li incitano, per capire quanto fondamentali siano stati. Spongi e Dada, Dada e Spongi.
A proposito di giocatori fondamentali, ecco Filippo Baldi Rossi. Cognome doppio, da nobile, ma cuore da gregario e classe da vendere. Freddo come pochi nei momenti importanti, ha saputo esaltare ed esaltarsi, dimostrando tutte le sue doti. Anche lui fa parte di quella truppa di giovani talenti voluti dalla società, giocatori che avessero fame e non fama. E che si sono saziati in una piazza come quella di Trento, ideale per maturare senza troppe pressioni e in serenità.
Poi c’è il gruppone di quelli che hanno giocato meno ma che hanno tirato la carretta per tutta la stagione, sudando come e più degli altri. Da Lechthaler, muscoli e cuore, a Santarossa, esperienza e concretezza, passando per le mani caldissime di Fiorito e la fisicità di Molinaro. E poi Poltroneri, che per un maledetto infortunio ha dovuto guardare dagli spalti una squadra che era la sua ma non fino in fondo.
Last but not least, il capitano Toto Forray. Simpatico, disponibile, sempre sorridente, ma quando entra nella “cancha”, un vero mostro: corsa, polmoni, cuore, fosforo, leadership, umiltà. Toto ha corso più di tutti, esaltato il pubblico e tenuto basso il profilo nel gruppo. Si è fermato dopo ogni partita, giocata bene o male, vinta o persa, per ore a firmare autografi e fare fotografie. Si è sparato tutte le ultime conferenze stampa di presentazione, rispondendo a ogni domani e prendendosi sulle spalle tutte le pressioni. A chi lo criticava “Segna poco”, ha risposto con 39 punti nelle prime due gare di finale. E poi i palloni recuperati, che non valgono punti nel tabellino personale ma che valgono moralmente quanto una tripla sulla sirena.
Alla guida di questo gruppo di bruchi talentuosi diventati bellissime farfalle un condottiero unico. Coach Buscaglia ha fatto crescere l’Aquila e l’Aquila ha fatto crescere lui. Lavoratore instancabile, anche cinque minuti dopo la vittoria di gara 3, nelle interviste di rito, ha analizzato la partita tecnicamente e tatticamente, senza lasciarsi andare a proclami o frasi fatte. Ha sempre lasciato il palcoscenico ai suoi ragazzi, ha sempre saputo dividere i meriti con il suo staff e con la società. Società che è stata bravissima e anche un pizzico coraggiosa e incosciente a non affidarsi a chi avesse un palmares fatto di promozioni e successi. Ha scelto qualcuno con il quale scrivere insieme la storia, a quattro mani. E ha avuto clamorosamente ragione.
A proposito di Aquila Basket, intesa come società sportiva. Probabilmente l’emblema di tutto è la festa di questa sera: non su un palco, non sopra la gente ma tra la gente. In un bar, con una birra e un bicchiere di spumante in mano, nel cuore della città. Dicendo grazie a tutti a suon di abbracci e pacche sulle spalle, umilmente ma sinceramente. Una società che si è conquistata tutto, senza mai fare il passo più lungo della gamba. Che ha puntato sui giovani, che ha voluto coinvolgere (il Trust), che ha voluto aiutare (le decine di progetti no profit), che ha fatto innamorare (gli “eroici” del gruppo Jamaica, la VI Legione, ma anche signore e signori, bambine e bambini, giovani e anziani). Una società più forte dei tabelloni che si spengono e degli allenamenti fatti la sera in strutture diverse dal PalaTrento. Una società da serie A con l’umiltà e la passione di un gruppo di amici. L'Aquila ha saputo scommettere anche sui propri collaboratori (da Michael Robinson ad Andrea Nardelli passando per Stefano Trainotti e tutti gli altri), ovvero dei giovani appassioni trasformati con l'esperienza in vincenti professionisti. E poi quel Salvatore Trainotti, che ieri in camicia bianca e sudata scattava foto ai suoi ragazzi mentre alzavano la Coppa, come a rendere loro merito di un successo costruito in gran parte sulle sue intuizioni e strategie.
La Trento del basket è in serie A. Giocherà contro l’Armani Jeans, contro Bologna, Cantù, Varese e Pesaro. Scrivere una frase così, solo tre anni fa, avrebbe suscitato risate e ilarità. Oggi è la realtà. La realtà costruita con sudore e fatica da un gruppo di giocatori eccezionali, da un gruppo di dirigenti eccezionali e da un pubblico che sta diventando eccezionale giorno dopo giorno. Ora potete asciugare la fronte, slacciare le scarpe, riporre il pallone nella cesta. E’ tempo di prendersi gli applausi e di fare festa. Perché quando si realizzano imprese così, è giusto fermarsi un secondo e godere. Godere tantissimo. Un godimento da serie A.
I VIDEO
Upea Capo d'Orlando. Basile, Soragna 5, Laquintana 10, Benevelli 4, Nicevic 22, Portannese 5, Mays 17, Archie 10, Ciribeni, Valenti. All. Pozzecco
Aquila Basket Trento. Triche 43, Pascolo 15, Baldi Rossi 14, Forray 2, Fiorito ne, Molinaro ne, Santarossa, Elder 9, Lechthaler, Spanghero 7. All. Buscaglia
LO STORIFY