Trentin verso Richmond in forma Mondiale
Matteo Trentin è uno dei corridori che il Ct della Nazionale di ciclismo Davide Cassani si culla di più. Potente, ottimo in volata ma capace anche di vincere per distacco. Insomma, l’uomo giusto per chiudere al meglio la lunga giornata Mondiale, domenica prossima a Richmond, in Usa.
Matteo, nell’ultimo mese due vittorie al Tour du Poitou-Charentes e una al Giro d’Inghilterra. Possiamo dire di uno stato di forma brillante?
«Sì, sono molto contento. Diciamo che sta andando tutto come pianificato. Quest’anno ho staccato dopo il Tour per cercare di riuscire a mantenere una buona forma nel finale di stagione. Per adesso, visto come stanno andando le cose, mi pare di essere riuscito nell’intento».
Già perché l’anno scorso avevi declinato la proposta di Cassani proprio per una condizione non eccezionale, no?
«Sì, esatto. Era andata proprio così».
Così questa volta hai optato per uno scarico che pianificasse il picco di forma in occasione del Mondiale.
«E' stato un lavoro che ha già dato dei risultati. In questo periodo sono arrivate tre vittorie e anche giovedì, alla Coppa Bernocchi, non ho vinto perché mi è mancata un po’ di scaltrezza. Io ho provato a bluffare ma sono rimasto fregato dall’esperienza di Nibali. A parte gli scherzi, ero ancora un po’ stanco dal Giro d’Inghilterra che è stato bello tosto e mi ha lasciato qualche scoria nelle gambe. Comunque sono contento anche del secondo posto: non essere ancora al cento per cento ed essere lì a giocarsela sul traguardo vuol dire che le potenzialità ci sono».
Il Ct Cassani nelle interviste ti cita come una delle carte decisive per questa Italbici al Mondiale. Ti fa piacere?
«Certo anche se con lui di questo non abbiamo ancora parlato in maniera approfondita. Diciamo che tra di noi ci siamo detti che bisogna arrivare al Mondiale preparati e io penso di avere fatto ciò che dovevo fare. Ora parto per gli Stati Uniti e così avremo una settimana di tempo per studiare e preparare le situazioni di gara».
Come ti sembra il percorso?
«Fisicamente non l’ho visto, ma su internet ho scaricato e analizzato diversi video dei cinque chilometri».
I tuoi colleghi dicono che non sia durissimo. Tu cosa ne pensi?
«Sulla carta sembra facile. Poi però il fatto che ci siano tre strappi in rapida successione nello spazio dei cinque chilometri del circuito, possono cambiare le cose. Senz’altro nei primi giri non cambierà niente e non influiranno sull’andamento della gara. Poi però i 250 metri di dislivello possono diventare pesanti: ci sono tre strappi, con discesa, pianura. Se una squadra si mette a ?menare’ forte per due o tre giri, le posizioni rimangono bloccate. Il circuito di Valkenburg al Mondiale di due anni fa (vinto da Philippe Gilbert, ndr) dovrebbe essere d’insegnamento: l’innocuo Cauberg fatto molte volte alla lunga si è dimostrato una salita vera».
Quali sono le variabili più importanti da tenere sotto controllo a Richmond?
«Innanzitutto molto dipenderà da come sarà fatta la corsa. In seconda battuta ci sarà da considerare anche il tempo. Se pioverà cambieranno molto i valori in gara: appena cade un po’ di pioggia la corsa diventa automaticamente più tecnica».
Detto che sulla seconda variabile, il tempo, tu puoi fare ben poco. Sulla prima: preferisci gara dura o una prova d’attesa?
«Personalmente sarebbe meglio se la corsa si facesse dura. Per le mie caratteristiche è importante riuscire a tagliare fuori i velocisti puri dalla lotta finale».
Qual è l’obiettivo che si pone Matteo Trentin a questo Mondiale?
«Diciamo che intendo sparare alto. Mi sento bene, i risultati sono arrivati e dunque la mia speranza è di fare un ottimo Mondiale».
Che significa?
«Non ti dirò mai che l’obiettivo è quello di vincere, se è ciò che vuoi sentire. Anche perché poi, se non accade, scriveresti che sono uno sborone. Allora, diciamo che l’obiettivo è quello di fare meglio che posso. Poi tutto dipenderà da come si sviluppa la corsa e quali saranno le tattiche della squadra».
A proposito di squadra. Ormai è qualche anno che l’Italia non vince un Mondiale.
«Beh, ci sono squadre che sono decenni che non vincono».
Vero, ma l’Italia ha una tradizione importante in questo senso: se non si vince si è perso, non esiste il buon piazzamento.
«Sì, ma forse bisognerebbe tenere in debito conto che tra di noi c’è in atto un cambio generazionale importante. Uscita la nidiata di campioni come Paolo Bettini, oggi la squadra è composta per la gran parte da ciclisti classe ?87-’90».
Diciamo un team giovane e motivato...
«Quello senz’altro: io non conosco bene tutta la squadra, ma in questa settimana ci penserà il Ct Cassani a costruire il gruppo e l’affiatamento in vista di un unico obiettivo».
Che non nominiamo.
«Ecco, bravo».