Riccardo Fiamozzi in Serie A con la forza di un sogno

di Maurilio Barozzi

Tempo fa un commediografo scrisse che l’uomo è fatto della materia dei sogni. Aggiunse però che per svegliare la nostra piccola vita e far sì che quella materia fiorisca bisogna abbeverarla giorno e notte. Così ha fatto Riccardo Fiamozzi di Mezzocorona, con tenacia e convinzione. Magari qualcuno, dopo aver fatto la trafila alle giovanili del Milan ed essere stato scaricato al Varese, avrebbe mollato tutto. Oppure, coinvolto senza motivo in una faccenda di calcioscommesse dopo che il suo club era fallito, avrebbe cercato un altro lavoro. O magari, tronfiamente, retrocesso da centravanti a terzino avrebbe pensato di cambiare aria per dimostrare di essere «um bom delantero», come diceva Luis Menotti.

Riccardo no. Ha elevato il brasiliano Dani Alves - difensore che somiglia molto a un’ala - a suo modello di gioco e, serenamente, ha innaffiato il suo sogno di ragazzino. Che domenica è sbocciato nell’esordio in serie A. «Riccardo ha imparato a camminare con il pallone tra i piedi e, dovunque andassimo, lo aveva sempre sotto il braccio. Quando gli dicevamo di lasciarlo a casa perché dovevamo andare in montagna o chissà dove, lui ci rispondeva che magari trovava qualcuno con cui giocare» racconta mamma Patrizia che ora, con lui e tutta la famiglia, può godersi il momento. «È stata una gioia immensa vederlo giocare, domenica. E una soddisfazione doppia: quando lo schieravano terzino gli dicevo sempre che lui era un attaccante e difatti mister Gasperini contro il Milan lo ha messo là, esterno alto».

Per una mamma ex calciatrice che vede suo figlio andarsene di casa a tredici anni per correr dietro al suo sogno già questo potrebbe bastare. Ma la storia è lunga e promette di essere solo all’inizio. Quando, da piccolo, giocava nel Mezzocorona Riccardo era centravanti. «Era un ragazzino dotato tecnicamente e fisicamente. In più aveva la grinta di chi sa dove vuole arrivare» racconta Luca Piazzi, all’epoca direttore sportivo della squadra rotaliana. E quando il Milan, nel 2006, ha mandato un emissario in Trentino per richiedere l’attaccante appena tredicenne, ha avuto la certezza di aver visto giusto.

Nelle stagioni passate in rossonero, Riccardo ha cominciato la sua peregrinazione in tutte le zone del campo, quasi che un calciatore, per trovare il suo ruolo, debba conoscere ogni zolla del rettangolo in cui correrà durante i 90 minuti della partita. Per quattro anni è spostato sull’ala e tutto sembra andare per il verso giusto finché, alla vigilia dell’approdo nella squadra Primavera, arriva una doccia gelata: per il Milan il ragazzo poteva prendere baracca e burattini e andarsene. «Ci siamo rimasti malissimo» confessa mamma Patrizia, che ogni sabato andava a Milano per vederlo giocare. «Dopo tutta la trafila delle giovanili, Riccardo è stato scaricato proprio nel momento più delicato, alle soglie della Primavera e con la maturità da fare. Oltre che squadra doveva cambiare anche scuola. Mi ha detto: “Mamma, andrà tutto bene”. Allora mi sono tranquillizzata».

«Mi era molto dispiaciuto di come erano andate le cose al Milan e pensavo di potergli offrire un posto al Südtirol» spiega Piazzi, che nel frattempo era andato a lavorare in Alto Adige. «Purtroppo era ancora giovane e non potevo garantirgli un posto da titolare, come mi chiedeva il suo procuratore Beppe Riso. Così ho dovuto a malincuore rinunciare». Proprio Beppe Riso ha messo lo zampino nel cambio di ruolo del giovanotto. Lo porta al Varese e lo convince a fare il terzino, o l’esterno basso, come si dice ora. «Sì, lui lo vedeva bene sulla fascia, ma a partire da dietro, come terzino» racconta ancora Piazzi.

Del resto, non ha fatto un po’ la stessa strada anche Alessandro Florenzi? In quella zona del campo Fiamozzi si mette in evidenza nella Primavera e, nel 2012, esordisce in serie B. Lì è allenato da Fabrizio Castori (oggi al Carpi) e poi Andrea Agostinelli. Proprio l’ex biondo centrocampista di Lazio, Napoli e Atalanta lo incorona tra i titolari. Anche se mamma Patrizia non condivideva molto quel ruolo da terzino, fu ancora Riccardo a spiegarle la situazione: «Il mister dice che se so giocare in tutte le parti del campo sarò davvero un calciatore completo».

Vero. Però a fine stagione il bilancio per la società non è buono: retrocessione, fallimento e Riccardo pare essere coinvolto in un giro di scommesse. «È stato un momento difficile e sono felice che lo abbiamo vissuto qui a Mezzocorona, tutti assieme» ricorda mamma Patrizia. «Durante l’estate è uscita la notizia e il suo nome. Per tutti noi fu un colpo durissimo. Ma è stato ancora Riccardo a darci serenità. Ci disse che non sapeva niente e che tutto si sarebbe risolto. Lo guardai negli occhi e vidi che era sincero e tranquillo». Anche stavolta, come per la maturità e la carriera, aveva ragione. Un mese dopo, infatti, arrivò la chiamata dal Pescara allenata dall’ex campione del mondo Massimo Oddo e il nome di Fiamozzi uscì definitivamente dall’indagine. A gennaio, poi, l’ingaggio da parte del Genoa. Il primo a congratularsi con il giovane trentino è proprio Oddo che per lui ha parole di elogio. Ricambiate da Riccardo: «Ringrazio Oddo per le belle parole che ha detto su di me. Anche se sono stato a Pescara solo cinque mesi lui è stato un allenatore che mi ha dato tanto».

Così, dopo la panchina con Juventus e Lazio, mister Gian Piero Gasperini decide di farlo esordire in Serie A proprio contro il «suo» Milan a San Siro. L’occasione buona per far rimpiangere quella decisione, ai tempi della Primavera. «No» chiarisce lo stesso Fiamozzi «nessuna voglia di rivincita. Quelli al Milan per me sono stati quattro anni importanti che mi hanno aiutato a crescere come persona e come calciatore. Arrivi però a un certo punto dove le strade si dividono e io ora sono felice che le cose siano andate così».

A parte il risultato, che ha visto i rossoneri battere il Genoa 2-1, per Fiamozzi è andato davvero tutto bene. Stavolta però mamma Patrizia non era in tribuna. «Riccardo mi ha mandato un messaggio solo domenica mattina dicendomi che partiva titolare. La partita col Milan l’abbiamo vista in televisione ma alla prima occasione saremo senz’altro in tribuna». E magari giusto in tempo anche per vederlo vincere.

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