Grande Letizia Paternoster A Bergen è bronzo iridato

di Angelo Zambotti

Alle «ragazze del ’99» non saranno certo intitolate vie o piazze come agli eroici ragazzi nati un secolo prima, quel che è certo è che per gli appassionati del ciclismo il 1999 rimarrà impresso come un’annata da leggenda per i colori azzurri, in particolar modo a quelli della nostra regione.

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Dopo le abbuffate di medaglie continentali e iridate su pista e l’ottimo Europeo su strada, la Nazionale juniores ha dominato in lungo e in largo anche il Mondiale su strada di Bergen: mercoledì la doppietta bolzanina nella cronometro vinta da Elena Pirrone davanti ad Alessia Vigilia, ieri una straordinaria performance nella corsa in linea con la stessa 18enne di Laives capace di centrare una storica doppietta con un’impresa da annali e la nonesa di Revò Letizia Paternoster ottima nel controllare la corsa mentre la compagna era in fuga solitaria, per poi salire sul terzo gradino del podio dopo aver chiuso la volata alle spalle della forte danese Emma Cecilie Norsgaard Jørgensen.

Su sei medaglie in palio nella categoria, quindi, quattro prenderanno il volo per il Trentino Alto Adige, con il Comitato bolzanino del presidente Nino Lazzarotto e il Gs Mendelspeck a festeggiare la doppia maglia iridata della Pirrone. E vista la maturità delle tre atlete regionali, chissà che per qualcuna non si aprano tra un anno le porte del Mondiale élite a due passi da casa in quel di Innsbruck, dove tra le junior spera di esserci, tanto per rimanere tra le promesse nostrane, la storese Barbara Malcotti, ieri riserva in patria ma già in orbita azzurra al primo anno in categoria.

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Torniamo al trionfo in terra norvegese. Innanzitutto c’è da dire che le ragazze guidate dal ct Dino Salvoldi ieri hanno sempre dato l’impressione di avere la situazione sotto controllo, già dal chilometro zero. La pressione di partire con il talvolta scomodo ruolo di favoritissime è stata ben presto messa da parte dalla determinazione e dalle qualità della Nazionale. L’unica a non entrare mai nel vivo della corsa, a causa di un problema meccanico, è stata la figlia d’arte Martina Fidanza, tagliata fuori praticamente subito.

La prima a farsi viva è stata la Jørgensen, che già nel primo dei quattro giri ha provato un’azione solitaria che è stata tenuta a vista dal gruppo, con le azzurre sempre davanti a fare la corsa. Oltre alle due regionali, ottimo il lavoro pure della veneta Nicole D’Agostin e della toscana Vittoria Guazzini, quest’ultima tricolore un anno fa alle Terme di Comano e unica 2000 della squadra italiana. Dopo qualche scatto e contrattacco, alla penultima discesa di Salmon Hill, l’unica vera asperità del circuito scandinavo, il momento decisivo della gara: approfittando di un momento di calma apparente, la Pirrone ha messo il turbo, guadagnandosi subito quel mezzo minuto attorno al quale è sempre ondeggiato il vantaggio della bolzanina.

Nell’ultima salita, l’unico momento di paura, quando la Paternoster si è fatta ingolosire dalla situazione e dopo aver ricucito l’ennesimo allungo ha provato a contrattaccare, finendo per trainare le inseguitrici a una 20” dalla fuggitiva. Davanti la Pirrone è stata brava a proseguire nella personalissima cronometro, mentre la nonesa ha per un attimo perso contatto col gruppetto, per poi riportarsi sotto e concludere al terzo posto, 12” dopo l’arrivo trionfale della bolzanina che ha tagliato il traguardo indicando la scritta «Italia» per sottolineare che la vittoria è stata di squadra.


 

«SONO FELICE PER LA NOSTRA SQUADRA»

Coetanee e corregionali, in bicicletta da sempre, Elena Pirrone e Letizia Paternoster non possono che essere anche grandi amiche. Da anni hanno perso il conto di quante volte sono salite sul podio assieme, visto che già nel 2006, agli esordi nella categoria G1, le classe ‘99 di Laives e Revò hanno cominciato a collezionare medaglie. Lungo è stato il volo che ha portato queste due ragazze fino al podio mondiale di Bergen, e relativamente lungo è stato anche l’abbraccio a fine corsa tra l’altoatesina bicampione del mondo e la trentina bronzo iridato un anno dopo il quinto posto nella gara vinta dalla bergamasca Elisa Balsamo.

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La Paternoster non è riuscita a ripetere l’exploit dell’altra nonesa Rossella Callovi, campionessa del mondo juniores nel 2009 a Mosca, ma ha confermato per l’ennesima volta di essere una dei talenti più puri del ciclismo mondiale. «Sono davvero contenta di tutto quello che sono riuscita a fare per la squadra - ha spiegato a caldo Letizia - anche perché sapevo che la squadra era davvero competitiva».
Talmente forte che l’azione della Pirrone aveva la duplice valenza di attacco potenzialmente decisivo, e così è stato, o in seconda battuta fuga capace di aprire la strada proprio alla Paternoster, che avrebbe potuto approfittare della situazione qualora le avversarie avessero speso tutte le energie per andare a riprendere la bolzanina.

«Conosco troppo bene Elena e sapevo che sarebbe arrivata - ha affermato poi la nonesa - quindi a me bastava arginare gli allunghi delle altre, cosa non facile soprattutto sull’ultima salita presa a gran ritmo. Poi negli ultimi tre chilometri, quando l’oro era praticamente assegnato, ho cominciato a pensare a me e al mio piazzamento: una giornata davvero ottima, nonostante qualche piccolo problema meccanico in avvio di corsa. L’anno prossimo correrò per l’Astana e sarà lì mio debutto tra le Elite. Inizierò con la pista per preparare le Olimpiadi di Tokyo 2020 il mio grande obiettivo. Dovrò fare molta esperienza, ci vorrà qualche anno e tanti sacrifici».
Al settimo cielo, ovviamente, Elena Pirrone: «Negli ultimi metri ho provato emozioni incredibili, non mi capacitavo di cosa stava succedendo. La corsa è stata dura, ad un certo punto pensavo di essere partita troppo presto visto che il vantaggio era ridotto, dopo l’ultima salita ho invece cominciato a crederci e ho dato tutto, arrivando con i crampi». Chapeau.

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