Eleonora, dottoressa all'attacco: hockeista nelle Eagles Bolzano
Capelli biondi, spesso la treccia. Smalto colorato, tipico di una ventritreenne. E una laurea triennale in economia, ottenuta qualche mese fa. Ma poi, la sera, il suo metro e settantacinque diventa un po’ di più, grazie ai pattini. In testa mette il casco, su gambe, braccia e corpo le protezioni. Stecca in mano e via, a caccia del disco per segnare con la maglia delle Eagles Bolzano, giocando in mezza Europa, da Vienna a Bratislava, passando per Budapest e, con la maglia azzurra, Cina e Nuova Zelanda. Per Eleonora Bonafini, nata a Riva, residente a Spiazzo ma ormai un po’ bolzanina d’adozione, l’hockey è stato un richiamo fortissimo, fin da piccola.
Subito una curiosità: ci sono le risse anche nell’hockey femminile?
Devo dire che un po’ di botte si prendono, è uno sport fisico e di contatto, capita di darsi qualche spintone o qualche pugno, ma non di certo come nel maschile e non certamente per una questione di spettacolo.
Come è nata questa passione?
Ero piccolissima, andavo ancora alla materna, e ne ho sentito parlare così ho chiesto a mamma e papà di provare. Non erano troppo convinti, però mi hanno portato a Pinzolo al palaghiaccio: si inizia a pattinare ma poi ti danno subito la stecca. E io non l’ho più lasciata.
Passando poi dall’Hockey Club Rendena a Bolzano, che è un po’ una Mecca per questo sport.
Dalla seconda superiore sono andata lì, per giocare con la prima squadra, ma fino ai sedici anni si gioca nei campionati misti, con i maschi.
E come la prendevano se a fare gol era una ragazzina?
Si cresce insieme con i pattini, non mi vedevano come «diversa». Certo, qualche gol lo facevo e forse li faceva soffrire un po’ di più prenderlo da una ragazza...
A Bolzano per lo sport ma a Trento per lo studio, con una laurea in Economia presa a settembre: è stato difficile conciliare tutto?
Ci alleniamo la sera, dopo le 19, quindi ho tutto il giorno per studiare. Poi l’Università di Trento ha un programma per gli sportivi «professionisti» e possiamo chiedere di spostare qualche esame se ci sono trasferte o impegni, così sono riuscita a portare avanti studio e sport contemporaneamente.
Anche perché le vostre trasferte non sono proprio dietro l’angolo.
Esatto: noi facciamo il campionato italiano, ma ci sono pochissime squadre, e poi il campionato europeo, giocando molto lontano. Tra Eagles e nazionale ho girato mezzo mondo, ma in realtà vediamo solo hotel, palazzetti e pullman.
Mamma e papà adesso sono convinti che la strada è quella giusta?
Sì e quando riescono vengono a vedermi giocare, anche se da Spiazzo a Bolzano un po’ di strada c’è. E poi nella squadra maschile c’è anche mio fratello più piccolo, Marco: è del 2000 e gioca nell’under 19. Per lui sarà più difficile arrivare in prima squadra, perché la concorrenza è maggiore.