Addio Pietruzzo Anastasi, ma è polemica per il mancato minuto di silenzio in A
Chiesa gremita, applausi e tanta commozione, tra sciarpe biancorosse e bianconere. Varese e il mondo del calcio salutano così Pietro Anastasi, scomparso venerdì a 71 anni dopo una lunga malattia, la terribile Sla, che gli era stata diagnosticata tre anni fa dopo essere stato operato di un tumore all’intestino e che lo aveva devastato negli ultimi mesi, prima di richiedere la sedazione assistita.
Centinaia di persone si sono ritrovate per omaggiare “Pietruzzo” nella basilica di San Vittore a Varese, il paese dove è diventato grande in campo tra il 1966 e il 1968 e dove lascia la moglie Anna e i due figli, attorno ai quali, oltre a una folla di amici, compaesani, appassionati e tifosi, si è stretto l’abbraccio di molti protagonisti del calcio tra dirigenti ed ex compagni.
Tra gli altri presenti Beppe Marotta, Pavel Nedved, Fabio Capello, Roberto Bettega, Lele Oriali, Claudio Gentile e Carlo Muraro, con la Figc rapppresentata dal segretario generale Marco Brunelli e la Lega Serie A dall’head of competitions Andrea Butti, mentre Inter, Juventus e la stessa Figc hanno apposto il proprio gonfalone all’interno della chiesa. Lega e federcalcio al centro anche delle polemiche per il mancato minuto di silenzio sui campi.
«È vergognoso che non gli sia stato tributato un minuto di raccoglimento su tutti i campi della Serie A», attacca Gentile. «La Federazione se l’è un po’ dimenticato», rincara Muraro.
La Federcalcio (che lo ha ricordato anche con una corona di fiori e la scritta «azzurro per sempre», oltre bandiere a mezz’asta nella sede a Roma) aveva sabato scorso deciso di ricordare Anastasi con il lutto al braccio che l’Italia indosserà a Wembley nell’amichevole del 27 marzo contro l’Inghilterra, e ha disposto il minuto di silenzio chiesto dalla Juve: «non c’è stata una richiesta per tutta la A, non c’è stata una decisione autonoma».
«La Lega di A non può che unirsi al cordoglio e alle condoglianze alla famiglia di Anastasi - ha detto il neoeletto presidente, Dal Pino -. Sono appena arrivato, non voglio soffermarmi su eventuali intoppi burocratici, in futuro su temi simili servirà un migliore coordinamento».
Ieri è stato un ultimo saluto commosso, da parte di chi lo ammirato per anni, in campo e fuori, anche come compagno, nelle sue 338 partite in Serie A con 105 gol tra Varese, Juventus, Inter e Ascoli, vincendo tre scudetti in bianconero e l’Europeo 1968 con la nazionale. «Anastasi ha creato la nobiltà dell’essere meridionale«, il ricordo invece di Marotta e la commozione è tanta anche per Oriali: »Nell’ultimo periodo non l’ho sentito spesso e me ne dispiaccio. Era impossibile non volergli bene, era un simbolo di tutti ed un grande amico».
Nato a Catania e figlio del Sud, accolto ed esploso a Varese, Anastasi è stato l’uomo simbolo del calcio degli anni ‘70, come ricordato anche dal suo ex compagno Bettega. «È stato davvero importante nella mia vita, come uomo e come amico».
Gli applausi, come i tanti che riceveva in campo, sono stati i protagonisti sia prima che dopo il rito funebre. «Sei un grande Pietro, forza Juve«, lo ha salutato un tifoso, sciarpa bianconera al collo. »Sul dischetto dell’ultimo rigore non hai calciato di potenza, anche perché la malattia ha affaticato il tuo fisico, ma hai tirato spiazzando l’avversario», le parole di don Giampietro Corbetta, parroco della basilica di San Vittore, durante l’omelia.
Anastasi sarà cremato e riposerà al cimitero di Masnago (Varese), vicino allo stadio Ossola: quasi un cerchio che si chiude, per lui che è raffigurato in un murales all’esterno dell’impianto in cui i suoi gol riecheggiano ancora.