Michele Grieco accolto all'Adige dopo il giro in bici del Trentino
L'abbraccio, all'arrivo, di Sara, la moglie, è stata la meritata ricompensa di tante fatiche sportive per Michele Grieco.
L'atleta paralimpico perginese ha concluso con successo, senza intoppi e senza prendere nemmeno una goccia di pioggia, le sue otto tappe in bicicletta sulle strade del Trentino, sostenuto dall'Adige, per dimostrare che lo sport è una medicina straordinaria per il corpo e per la mente, fonte e strumento di motivazione, occasione di conoscenza del proprio territorio e di incontri.
Ieri è partito da Avio, è salito sul Baldo, ridisceso a Rovereto, a Nomi è stato affiancato da papà Enzo e dal suocero Arturo Ischia, che l'hanno scortato anche loro in bici fino all'arrivo di Trento, presso la sede dell'Adige in Via Missioni Africane (nella foto il saluto del direttore, Alberto Faustini).
Michele, 30 anni, diplomato tecnico del verde e di professione giardiniere, sposato da due anni con Sara, dopo aver praticato nuoto in gioventù e tanti anni di musica (chitarra), ha visto Alex Zanardi in un video, impegnato in una Ironman, un triathlon per anime forti (quasi 4 km di nuoto, una maratona di corsa e 180 km in bici).
Michele, è stato allora che è scattata la molla per fare sport paralimpico agonistico?
«Ho uno spirito competitivo. Per me è tutto una sfida. A 12 anni ho avuto un tumore, un osteosarcoma, che ha comportato un'operazione e l'inserimento di una protesi dal femore in giù, collegata a tibia e perone. Mi si stava atrofizzando il muscolo, con dolori molto forti. E il corpo, che va in protezione, mi spingeva a non usare quella gamba. Mia moglie mi ha iscritto a un incontro di Obiettivo3, il progetto di Zanardi. Dato che non posso correre, mi hanno sconsigliato il triathlon, ma hanno trovato ottime caratteristiche per la bici. Per sei mesi ho nuotato prima di andare al lavoro e fatto bici e marcia appena finito. Nuoto e bici non solo non sforzano le articolazioni, ma rinforzano i muscoli, che proteggono meglio la protesi. Quanto al Giro del Trentino, lo avevo in mente da un po', dopo aver visto i viaggi in bicicletta dell'amico Alessandro de Bertolini. Per il 2021 ho in mente il Giro delle Alpi da Udine a Genova».
Avendo percorso quasi mille km per 22.000 metri di dislivello sulle strade del Trentino, con piccoli sconfinamenti in Veneto, Alto Adige e Lombardia, che idea si è fatto del Trentino a pedali?
«Siamo messi molto bene. L'asfalto è curato, molte salite hanno una cartellonistica che tutta Italia ci invidia, con dislivelli, pendenze, indicazioni chilometriche apposta per chi va in bici. Le ciclabili sono ottime e bisogna quanto prima completarne il collegamento: il Bus de Vela e Ponte Alto sono ancora delle strozzature che ne limitano le potenzialità».
Al potenziale ciclista amatoriale o cicloturista che trova sempre una scusa per non salire in sella, che consiglio darebbe?
«Di fare le cose per gradi. Non occorre fare 50 km di colpo. Iniziare con 5 km; poi passare a 7 dopo due settimane. Io pedalo da solo, ma andare soli o accompagnati è una scelta soggettiva. Il bello della bici è che vai più veloce che a piedi e quindi vedi tante cose; ma vai più lento che in macchina, quindi non te ne perdi nessuna».