Fenomeno Pogacar: a 22 anni vince tappa e Tour de France (e dietro di lui, Saronni)
È nata una stella. A due giorni dal suo 22simo compleanno, Tadej Pogacar si regala il Tour de France edizione 107. E lo fa nel modo che nessuno immaginava: ribaltando le prime due posizioni della classifica generale e asfaltando le ambizioni del connazionale - sloveno come lui - Primoz Roglic. «Ero venuto per partecipare, e ho vinto», dice incredulo del suo primo, grande successo.
Alla partenza della penultima tappa, la terribile cronometro con arrivo alle pendenze del 20% de La Plance des Belles Filles, oggi Roglic aveva 57« di vantaggio su Pogacar che, nel giro di 25 chilometri, ha azzerato il ritardo ed è salito sul tetto della corsa a tappe francese, divenendo il secondo vincitore più giovane dopo Henry Cornet che, nel 1904, trionfò a 19 anni e 355 giorni.
La passerella di domani verso i Campi Elisi è la solita formalità, fra un brindisi e una pacca sulle spalle, gli ultimi 122 chilometri passeranno in fretta per chi vince. Per lo sconfitto, invece, sarà una via Crucis. Al traguardo di oggi, dopo una sfida contro il tempo che più dura non si può - anche alla luce delle 19 tappe trascorse e degli oltre 3.300 chilometri percorsi finora - lacrime per tutti: vincitori e vinti.
A Pogacar è sembrato di «vivere un sogno», perchè «sognavo di partecipare al Tour e l’ho addirittura vinto, non so cosa dire».
Il giovanissimo sloveno non è nuovo a queste prodezze: a fine giugno aveva già battuto Roglic nel Campionato sloveno a cronometro e poco importa se il rivale si era rifatto nella prova in linea. Oggi, Pogacar ha concesso il bis contro Roglic che a cronometro non è sicuramente uno sprovveduto, ma nulla ha potuto contro il ciclone della UAE Emirates, che ha macinato chilometri con una forza e un’agilità magnifiche, azzerando anche le velleità di un asso delle prove a cronometro come l’olandese Tom Dumoulin, in ritardo di 1’21”67.
Roglic è sprofondato addirittura al 5/o posto dell’ordine d’arrivo, dietro Richie Porte, terzo, e al belga Wout Van Aert (a 1’31”64), quarto, pagando 1’56”34. Dei 57« del divario fra i due non c’era più traccia. Adesso, nella nuova classifica generale. Roglic è a 59’ da Pogacar che domani salirà dunque sul gradino più altro del podio, ai piedi dell’Arco di Trionfo. E lo farà meritatamente, dall’alto di un tris di successi di tappa e di una condotta di gara praticamente perfetta.
Il Tour ai tempi del Coronavirus riserva un finale palpitante, emozionante e dunque imprevedibile, con un ribaltone che conferma come nel ciclismo, fino all’ultimo chilometro, niente sia da considerare scontato. Roglic aveva indossato la maglia gialla dopo la 9/a tappa, se l’è incollata addosso per altre 11 frazioni, ma l’ha ceduta al termine della prova più importante e determinante ai fini del verdetto finale.
Chi avrebbe potuto dirlo? Qualche segnale di nervosismo, nella Jumbo Visma, era emerso mercoledì scorso, durante un controllo mirato dei commissari Uci alla bici di Roglic, per verificare l’eventuale presenze di motorini. Il ds del team, Merijn Zeeman, ha perso la pazienza e aggredito l’emissario dell’Unione Ciclistica Internazionale, rimediando una multa.
A celebrare la straordinaria impresa di Pogacar, dopo avere tribolato con lui metro dopo metro, ci ha pensato Beppe Saronni, team manager della UAE, che ha ammesso di essere «stato sul punto di svenire».
«Pensavo - ha confessato - a un errore del cronometro. Però, guardando la pedalata, ho pensato che poteva vincere. Da un talento così, ci si può aspettare di tutto. Ha un contratto con noi fino al 2024, ma cerccheremo di tenercelo stretto, perché non ha punti deboli».