Nadia Battocletti, è già nella leggenda, unica italiana con due ori in una rassegna
Dopo il duplice trionfo di Roma, una toccata e fuga a Cavareno, poi via per gli allenamenti sull’Altopiano di Asiago: «Ma devo fare un salto in facoltà a ingegneria a Povo»
ROMA. È stata una lunga notte, quella di Nadia Battocletti. La tempesta di emozioni vissuta nel martedì sera dell’Olimpico ha lasciato strascichi importanti nella ventiquattrenne nonesa, doppiamente campionessa europea. La vittoria da dominatrice dei 10.000 metri, quattro giorni dopo il trionfo nei 5000, i complimenti del presidente Sergio Mattarella in tribuna d’onore, la cerimonia di premiazione in Medal Plaza, con l’inno di Mameli intonato dalle migliaia di tifosi che arrivava fin dentro lo stadio, dove si stavano completando le ultime operazioni, al termine dell’ennesima gloriosa giornata azzurra di questi Europei di Roma 2024.
Ed ancora, il doveroso passaggio a Casa Italia, poi il rientro al Centro di Preparazione Olimpica dell’Acquacetosa, quartier generale azzurro della rassegna: davvero tanta roba, troppe cose concentrate in tre ore, per trovare la tranquillità del sonno. «Alla fine ho ceduto, ma per soli 40 minuti. Più per sfinimento che per voglia di dormire, credo. Ma va bene così, il viaggio in treno forse mi aiuterà a riposare un po’, anche se ora come ora l’unica cosa a cui penso è fare ritorno a casa».
Un veloce passaggio dal fisioterapista per trattare i muscoli provati nei 30’51”32 di gara, nuovo primato italiano dei 10.000 metri, quindi subito alla Stazione Termini, per fare ritorno in Trentino. Una toccata e fuga, però. «Sì, già domani (oggi, ndr) ripartiamo per salire sull’Altopiano di Asiago, al Rifugio Campolongo, per preparare in quota le Olimpiadi di Parigi. Abbiamo scelto quella zona perché consente tanti percorsi pianeggianti, mentre da noi è più facile trovare sentieri più muscolari. Tra Campolongo e le piste del vicentino - Schio o Piovene Rocchette - avrò modo quindi di lavorare sia in altura, sia di effettuare lavori di trasformazione a bassa quota, dove potrò spingere a tutta».
Insomma, parte subito l’operazione Parigi. Ma il capitolo Roma è stato entusiasmante. «Non so bene come descriverlo, credo mi ci vorrà qualche giorno per assimilare tutto quello che è successo in questi cinque giorni romani. Sono passata dai dubbi del viaggio di andata, retaggio del problema di postura all’anca che aveva condizionato l’ultimo mese, al successo nei 5000 metri di venerdì e alla vittoria nei 10.000 metri, martedì. Mi sembra davvero incredibile».
(Eppure è così. Nadia Battocletti è l’unica italiana di sempre ad aver vinto due titoli europei individuali nella stessa rassegna, un risultato riuscito - allargando il campo anche al settore maschile - solamente a Salvatore Antibo - sulle medesime distanze a Spalato 1990 - e Pietro Mennea, sui 100 e 200 a Praga 1978. Nomi che mettono i brividi, considerando il peso che hanno avuto nella storia dell’atletica italiana ed internazionale.
Proprio in tal senso, l’Albo d’Oro degli Europei racconta che la doppietta 5.000 - 10.000 è riuscita al femminile solamente all’irlandese Sonia O’Sullivan (1998) e alle due turche “d’importazione” Elvan Abeylegesse (2010) e Yosemin Can nel 2016). A Roma 2024, il doppio oro individuale è un affare circoscritto a lei e al fenomeno norvegese Jacob Ingebritsen (5.000 e 1.500).
«Diciamo che non mi dispiace essere accostata al nome di Ingebritsen e agli altri. Anche se fa un po’ specie, lo ammetto».
Se venerdì sera nei 5000 ha fatto un passo nella storia, lunedì con il dominio nei 10.000 è entrata di prepotenza nella leggenda dell’atletica italiana, prendendo spunto dall’indovinata iperbole coniata dal manager Marcello Magnani. «Credo di essermi resa conto di aver completato un nuovo step nella mia crescita, in questi giorni. L’ho capito anche da come mi parlavano e mi trattavano i tecnici delle altre squadre, si informavano, mi chiedevano, si congratulavano. Mi sono sentita al centro dell’attenzione».
Il fatto è che è difficile non apprezzare una ragazza così. Lucida, disponibile, attenta alle persone. «Mi piace avere un bel rapporto con la gente, mi viene naturale. Così come sono capace di analizzare bene le situazioni, di ragionarci. Difficilmente mi arrabbio o mi lascio prendere dal nervosismo». Tanto che diventa difficile trovare dei difetti, almeno a sentire genitori e fidanzato Gianluca.
Eppure solo dieci mesi fa, ai Mondiali di Budapest, aveva vissuto la sua prima vera giornata nera. Le lacrime in diretta Rai dopo i complicatissimi 5000 metri magiari avevano fatto specie. «L’esperienza di Budapest mi ha fatto crescere perché si impara più dalle giornate negative che non da quelle belle. Me lo son sempre detta, ma viverlo e capirlo in prima persona è stata un’altra cosa. E da lì ho cominciato a cambiare passo».
Meravigliosa in pista, eccellente nello studio, amabile nella vita sociale. Difficile capire come sia possibile coordinare ed organizzare tutto questo per i comuni mortali. «Ma no, non esageriamo. Sono organizzata, è vero. Ho preso un ritmo che mi va bene. So che se capita, devo studiare fino a notte fonda ma questo non influenza gli allenamenti, anche grazie alla duttilità dei programmi di papà Giuliano».
Ma ora, prima di Parigi, basta libri? «In realtà la prossima settimana devo passare rapidamente in facoltà a Mesiano per verbalizzare l’esame di Architettura del Legno che ho fatto il giorno prima di partire per Roma. Poi credo che un paio di mesi di pausa possa concedermeli, ora. Anche perché nella capitale ho scoperto e iniziato ad apprezzare il valore del riposino pomeridiano. Non l’ho mai fatto e tutti i miei compagni di squadra mi guardavano increduli. Poi forse per il caldo, ho provato e… non è poi così male».
Sorride, Nadia, in attesa del treno verso casa, verso Cavareno, verso gli affetti, verso il nuovo capitolo da scrivere nella storia dell’atletica italiana. Scusate, nella leggenda.