Facebook non paga lo scandalo Anzi, gli utenti aumentano
Nessun contraccolpo per Facebook dopo lo scandalo Cambridge Analytica. Il social network da oltre due miliardi di utenti non cala in popolarità, anzi guadagna consensi. Secondo dati non ufficiali della piattaforma ad aprile, in piena bufera, negli Stati Uniti gli utenti sono cresciuti ed è salito anche il tempo speso sul social network.
Proprio in questi giorni è passato anche dal Parlamento europeo il tour di scuse di Mark Zuckerberg che ha promesso che fatti del genere non si verificheranno più. «La privacy è un tema sentito più dagli Stati che dai cittadini», così il sociologo Giovanni Boccia Artieri spiega la tenuta di Facebook.
Secondo dati di Goldman Sachs (si basano su quelli degli analisti di comScore), ad aprile gli utenti unici statunitensi del social network sono cresciuti del 7% rispetto all’anno scorso, incremento pari a 188.6 milioni. Ed è salito pure il tempo speso sulla piattaforma. Inoltre, secondo rilevazioni di Deutsche Bank riportate dal sito Business Insider, l’eliminazione dei 583 milioni di profili fake in seguito all’interferenza russa nelle elezioni americane ha avuto «poco o nessun impatto sulla portata del pubblico» a cui è rivolta la pubblicità. Insomma, sembra che il movimento #deleteFacebook non abbia funzionato.
Già a marzo un sondaggio Reuters-Ipsos aveva certificato come lo scandalo non aveva influito più di tanto sul social network. Con la metà degli utenti americani di Facebook che aveva affermato di non aver cambiato le proprie abitudini di utilizzo.
Dopo il Congresso Usa, nelle scorse ore Mark Zuckerberg è stato ascoltato dal Parlamento europeo e poi è andato a Parigi ad incontrare il presidente francese Emmanuel Macron. Segno che ha ripreso in pieno la sua attività istituzionale.
«Questi casi impattano più sui media e sui giornali, cioè sui competitor di Facebook, ma meno sulle persone», spiega all’ANSA Giovanni Boccia Artieri, professore di Scienze della Comunicazione presso l’Università degli Studi di Urbino Carlo Bo. «Queste - aggiunge - da un parte sono preoccupate, dall’altra autorizzano tutto. Non pensano sia così rilevante il problema della gestione dei dati, non lo pensano neanche quando li lasciano al supermercato. Il problema c’è ma riguarda più gli Stati, gli individui pensano di poter controllare i loro atteggiamenti. Il calo di popolarità è comportamentale: solo se è funzionale alla nostra vita connessa le persone escono dal social network».