Trump accusa anche Xiaomi e l'azienda crolla in borsa
Le azioni di Xiaomi sono crollate di oltre il 9% alla Borsa di Hong Kong dopo che il terzo produttore mondiale di smartphone è finito a ingrossare la lista nera Usa delle società cinesi accusate di avere legami o di essere controllate dalle forze armate di Pechino.
La mossa ha lo scopo di consolidare l'eredità dell'amministrazione Trump nella guerra commerciale contro la Cina che, attraverso il portavoce del ministero degli Esteri Zhao Lijian, ha reagito, accusando gli Usa di "abusare del potere statale" per reprimere le aziende nazionali "senza motivo".
La raffica di società finite nella rete del Pentagono all'ultimo minuto è la coda di quattro anni di politiche diplomatiche e commerciali molto aggressive verso la Cina sotto Donald Trump.
A pochi dalla sua uscita dalla Casa Bianca, i funzionari statunitensi hanno fatto una serie di annunci rivolti alle aziende cinesi tra cui Xiaomi.
Qualcomm, uno dei principali player americani dei chip, è un importante investitore del produttore di smartphone, che nel 2020 ha scavalcato Apple.
La sua classificazione tra le "società militari cinesi comuniste" significa che gli investitori statunitensi non potranno acquistare i suoi titoli e alla fine dovranno disinvestire, salvo che l'ordine non sia annullato dall'amministrazione di Joe Biden.
Il Pentagono ha ribadito la determinazione "a evidenziare e contrastare la strategia di sviluppo della fusione militare-civile della Repubblica popolare cinese" che gli ha consentito di accedere a tecnologie chiave e dati sulla sicurezza. Xiaomi, in una nota, ha affermato che "non è di proprietà, o è controllata o affiliata all'esercito cinese, e non è una 'compagnia militare cinese comunista'", chiarendo che "intraprenderà azioni appropriate per proteggere gli interessi della società e dei suoi azionisti".