«I social lucrano su estremismo e odio: vanno tassati come chi inquina»
A Trento l'analisi del professor Paolo Benanti, padre francescano del Terzo Ordine Regolare, docente alla Pontificia Università Gregoriana, all’Istituto Teologico di Assisi e al Pontificio Collegio Leoniano ad Anagni. Studioso di etica, bioetica ed etica delle tecnologie è stato invitato a un incontro promosso dalla Cooperazione
TRENTO. «Le piattaforme digitali non sono spazi neutri, ma rispondono ad algoritmi che hanno l'obiettivo del profitto, lucrando sui meccanismi della radicalizzazione. I social-network trasformano i dati e le reazioni delle persone in rifiuti tossici. Andrebbero tassati come si tassano le industrie che inquinano».
Padre Paolo Benanti è francescano del Terzo Ordine Regolare, docente alla Pontificia Università Gregoriana, all'Istituto Teologico di Assisi e al Pontificio Collegio Leoniano ad Anagni. Si occupa di etica, bioetica ed etica delle tecnologie.
A Trento è stato ospite nell'incontro "Piattaforme digitali, chi guadagna e chi perde", organizzato dalla Cooperazione Trentina.
Professor Benanti, in che modo la gig economy, ovvero l'economia dei servizi digitali, ha cambiato l'economia reale?
Abbiamo assistito un cambiamento di modello industriale. Si è passati da imprese che avevano tantissimi addetti a tempo pieno, al modello della gig economy: nelle sedi delle imprese digitali possono lavorare pochi impiegati per poche ore la settimana. Pensiamo alle piattaforme in cui qualcuno offre un posto-letto o un passaggio in auto. Si offre la soluzione ad un'esigenza che nella vecchia economia richiedeva tempo e lavoratori. Le piattaforme digitali hanno cambiato il capitalismo, sottraendo valore al lavoro e decidendo chi lavora e chi no.
In due decenni la nostra concezione di Internet si è trasformata: da "sentiero luminoso" che prometteva libertà e democrazia a canale in cui prosperano odio e violenza, soprattutto sui social-network. Come lo spiega?
Le piattaforme social sono società capitalistiche, che basano il loro modello su un preciso algoritmo. Non sono piattaforme di incontro neutre. Guadagnano dalla trasformazione dei dati degli utenti in denaro. Gli imprenditori come il tedesco Peter Thiele, tra i primi ad investire in Facebook, si resero conto che tra "mi piace" e "engagement" basato sulla radicalizzazione, l'ambiente social è perfetto per fare profitto. L'odio che troviamo online non è un caso, è un effetto. Come un'industria del carbone prende il materiale grezzo e lo trasforma in un rifiuto, i social prendono le relazioni, le interazioni tra le persone e le trasformano in rifiuti tossici, in odio ed estremismo, che ha come simbolo l'assalto a Capitol Hill.
Che risposte dovremmo pretendere dalle istituzioni?
Negli ultimi anni abbiamo tassato le industrie inquinanti, sarebbe il caso di tassare il profitto delle piattaforme che lucrano sull'odio. Sono dinamiche che hanno un costo sociale elevato, basti pensare ai danni fatti dal proliferare online delle tesi no-vax.
Lo Stato, con la sua lentezza, è in grado di intervenire su questi colossi multinazionali?
Tassare gli utili delle aziende che guadagnano sui discorsi d'odio è già una risposta di Stato, ma occorre una dimensione europea. L'Unione Europea si sta muovendo in questa direzione con protocolli che puntano a proteggere gli utenti e i loro dati. Certo, la democrazia europea è lenta, ma questo non vuol dire che non sia efficace. La sua lentezza consente una risposta che sia pienamente umana, al fine di umanizzare il digitale.
Da francescano, come crede si sarebbe posto Francesco nei confronti dei social-network?
Certe dinamiche sono antiche come l'uomo. Pensiamo agli utensili rudimentali sviluppati dall'uomo preistorico: un martello di pietra è un semplice strumento o è un'arma? I media digitali ci hanno aiutato a trovare contatti e a lavorare durante la pandemia. Sono serviti anche a trovare un vaccino in tempi rapidi, visto che senza la condivisione dei contenuti scientifici in cloud, ci sarebbero voluti anni. Francesco diceva che tutto il bene e tutto il male passano attraverso il cuore dell'uomo. Anche di fronte ai social-network Francesco avrebbe ribadito la centralità dell'esperienza umana.