Ledro, 10 anni di fusione Sei paesi divennero uno
Era il 30 novembre 2008 e i ledrensi, chiamati alle urne, dicevano «sì» al Comune unico.
Con 2.336 voti favorevoli (74,39%) e 804 contrari (25,61%), il quorum era raggiunto, assicurando la validità del referendum e, di fatto, la fusione delle sei amministrazioni comunali di Pieve, Molina, Bezzecca, Concei, Tiarno di Sotto, Tiarno di Sopra, che, rinunciando alla loro sovranità, intendevano concludere il percorso di unificazione e dare vita ad una nuova istituzione pubblica.
Una pagina importante della storia della comunità veniva così scritta, questa volta dalla popolazione, facendo scorta del percorso imboccato all’inizio degli anni ‘90 e l’esperienza maturata nel tempo da altre realtà cooperative ed associative locali (in primis la Famiglia cooperativa Valle di Ledro, la Cassa Rurale di Ledro, la Croce Rossa di Ledro, il Coro Cima d’Oro, il Corpo bandistico, le parrocchie, l’Istituto comprensivo di scuola primaria e secondaria ecc) rappresentando il primo caso in Italia e negli anni a seguire un esempio apripista in Trentino.
Il messaggio di maturità dei tempi e di fiducia verso il futuro, espresso tramite il referendum popolare, concludeva dunque un percorso di unificazione che affondava le radici nella storia collettiva della Comunitas Leudri, contraddistinta da sempre da spirito d’indipendenza e di coesione.
A concedere le nozze, la legge n. 142 del 1990 sulle autonomie locali, che stabiliva la possibilità per i comuni di arrivare a una fusione (ma a quel tempo solo dopo dieci anni di unione), e la nuova legge regionale n. 1 emanata ad hoc il 13 marzo 2009, che dava il via libera all’iter di fusione grazie anche dalla promessa di contributi straordinari annui per il decennio successivo, stimati in media in circa 1,5 milioni di euro l’anno.
Una dote allettante, che unita al desiderio di dare voce allo spirito di unione avrebbe permesso non solo di risparmiare i costi di gestione e di segreteria, per contenere la spesa pubblica e ottimizzare le risorse (in tempi di austerity, una sorta di terza via alternativa alla razionalizzazione dei servizi, alle forme associate o all’imposizione di nuove tasse) ma anche di realizzare quei progetti che i singoli comuni, da soli, non sarebbero riusciti ad avviare.
«I Comuni continuavano ad avere i loro conti economici, così ad ogni esercizio bisognava approvare i sei bilanci dei singoli comuni oltre quello dell’unione» ricorda Giuliano Pellegrini, a quel tempo sindaco di Pieve, presidente dell’Unione e commissario pro tempore di Ledro fino alle elezioni del maggio 2010. Una forte frammentazione amministrativa dunque inserita - assieme ad un certo campanilismo paesano, fomentato soprattutto tra le generazioni meno giovani - in una realtà produttiva e sociale omogenea, che ai sindaci del tempo - oltre a Pellegrini, Maurizio Mazzola, Ettore Luraschi, Franco Brighenti, Franco Calcari, Lorenzo Cellana - creava problemi alla pianificazione urbanistica ed economica, e costringeva gli imprenditori locali a confrontarsi con regole e decisioni diverse da paese a paese. La divisione in tanti Comuni impediva tra l’altro a Ledro di avere un maggior peso a livello regionale.
Ricominciando da zero, con un’identità nuova, si sarebbe quindi potuto voltare pagina, non solo per risparmiare e ottimizzare le risorse ma anche per crescere. Insieme.
Parallelamente all’iter previsto per la fusione serviva però una consapevolezza comunitaria, non stabilita per legge, e la rassicurazione che l’identità dei singoli paesi non sarebbe stata cancellata: ecco dunque che la scelta strategica e lungimirante suggellata con il referendum sarebbe entrata sì a far parte della storia locale come uno degli eventi più importanti della storia della valle ma, superando dubbi, perplessità, scetticismi, avrebbe consentito anche all’ampio tessuto associazionistico ledrense di continuare ad essere protagonista indiscusso della vita delle 14 frazioni.
Un cammino ambizioso e, dal punto di vista organizzativo, affatto semplice, che nei mesi successivi aveva visto la ristrutturazione di tutta la macchina operativa, con l’accentramento nel municipio di Pieve della segreteria, del settore finanziario, dell’anagrafe, del servizio tributi e ragioneria, e nel municipio di Bezzecca degli uffici tecnici di edilizia privata, lavori pubblici e patrimonio.
I disagi non erano mancati, soprattutto a livello periferico. E mentre all’interno i traghettatori lavoravano per approvare a spron battuto Statuto e Regolamenti, all’esterno iniziava a crescere sempre più l’interesse attorno all’esperienza ledrense, alle potenzialità e alle opportunità offerte dalle nozze. «In tutti i convegni ai quali siamo stati invitati, in giro per l’Italia, c’è sempre stata grande attenzione e interesse per la nostra esperienza - concludeva Pellegrini, al termine del suo mandato - ovunque abbiamo toccato con mano la voglia di fusione per consentire a molti piccoli comuni di uscire da situazioni vicine al collasso: ancora oggi, tutto questo ci conferma quanto importante sia stato, per il futuro della nostra comunità, quel traguardo».