Italia nostra di Trento e Belluno: ecco perché il progetto sul Vanoi è un errore
L'associazione era fra le numerose realtà presenti alla partecipata manifestazione del 5 ottobre, a Lamon: “È mancata l'informazione su un progetto nato con un metodo sbagliato"
FUGATTI "Non ci sorprende che Zaia consideri impraticabile il progetto"
LAMON. Fra gli interventi alla partecipata manifestazione del 5 ottobre, a Lamon (Belluno) contro il mega progetto di diga e bacino sul torrente Vanoi, quelli unitari delle sezioni trentina e bellunese di Italia nostra.
“A proposito di richiesta di momenti di confronto per raggiungere una progettualità condivisa dobbiamo rimarcare, come sezione trentina e sezione di Belluno di Italia Nostra, la totale chiusura di qualsiasi spazio che per legge deve essere dedicato al confronto e alla partecipazione pubblica.
A tutt'oggi, sui territori interessati non si è svolta una vera campagna informativa: il progetto non è stato presentato in assemblee pubbliche, né in Consigli comunali, né in Consigli provinciali (Provincia autonoma di Trento, provincia di Belluno) e nemmeno nelle rispettive Regioni (Trentino Alto Adige e Veneto).
Il progetto, con tutte le sue caratteristiche, implicazioni e conseguenze, non è stato messo a disposizione di cittadini, associazioni, comitati, enti pubblici. Avrebbe dovuto essere presentato dal Consorzio di bonifica del Brenta in accordo con le Province di Belluno e di Trento e i Comuni interessati, ancora in una fase preliminare, in modo da permettere analisi, approfondimenti e anche proposte alternative.
In modo da affrontare tutti insieme le possibili soluzioni alternative.
Abbiamo avuto solo 15 giorni di tempo per presentare osservazioni al documento di fattibilità, che oltretutto presentava diverse carenze (l'assenza d'indagini, anche storiche, riferite al sociale e alla morfologia del territorio, adeguate alla complessità della proposta e al contesto nel quale si inserisce) e che quindi necessitava di tempo, di analisi, di valutazioni non immediate.
Ora abbiamo un po’ più di tempo. Ma ciò che più vogliamo mettere in risalto è il metodo sbagliato del processo ideativo e progettuale, che dovrebbe seguire delle fasi concatenate con una certa logica e con una certa gerarchia, mentre sempre più si vede la pubblica amministrazione utilizzare il sistema delle sommatorie di proposte singole, disparate e disperate.
Ciò che manca in questo caso, come peraltro in tanti altri esempi, è la visione d’insieme e a lungo termine. La capacità di programmazione e di analisi delle ricadute.
Che sistema socio-economico vogliamo per queste valli, che tipo di sviluppo, che tipo di vita?
Dov’è il disegno del territorio? Nei vari Prg questa diga non c’è e nemmeno nei Piani di comunità. Questi sono gli strumenti che dovrebbero darci la possibilità di vedere come dovrà essere la situazione tra un decennio, ma anche buttare più in là lo sguardo, al decennio successivo e a quello ancora oltre. E così via.
Questi sono gli strumenti che devono saperci dire cosa è corretto fare in un luogo, perché ogni azione vada a costituire un tassello di quel disegno complessivo, il solo che ci può assicurare unione di intenti in ciò che proponiamo.
Solo con un disegno organico, che ci permetta di distinguere le iniziative capaci di inserirsi armonicamente nel disegno tracciato e di concretizzarlo, potremmo indirizzare le nostre forze, le nostre energie, le nostre possibilità di azione, verso adeguate progettualità del Bene pubblico e collettivo”, conclude Italia nostra.