«Bus a idrogeno a che servono?»
«Non vorrei che finisse come a Milano, dove c'è stata l'inaugurazione ufficiale di mezzi a idrogeno che poi non hanno mai funzionato. In compenso è stato lasciato un buco di 10 milioni». Michele De Luca , appassionato della materia, residente a Bolzano, non usa mezzi termini per esprimere una serie di valutazioni estremamente critiche sulla scelta, fatta in vista dei Mondiali di Fiemme 2013, di attivare la circolazione di costosissimi mezzi a idrogeno, che tra l'altro, in questo momento, sono fermi, pare per ragioni di manutenzione, legati alla necessità di sostituire dei pezzi di ricambio
«Non vorrei che finisse come a Milano, dove c'è stata l'inaugurazione ufficiale di mezzi a idrogeno che poi non hanno mai funzionato. In compenso è stato lasciato un buco di 10 milioni». Michele De Luca , appassionato della materia, residente a Bolzano, non usa mezzi termini per esprimere una serie di valutazioni estremamente critiche sulla scelta, fatta in vista dei Mondiali di Fiemme 2013, di attivare la circolazione di costosissimi mezzi a idrogeno, che tra l'altro, in questo momento, sono fermi, pare per ragioni di manutenzione, legati alla necessità di sostituire dei pezzi di ricambio.
«C'è veramente da chiedersi» scrive De Luca «a che cosa servano i bus a idrogeno realizzati per i Mondiali, con relativa stazione di rifornimento a Panchià. Leggendo dei costi sostenuti di 1,55 milioni di euro per ogni minibus realizzato, si scopre che sono degli Iveco Daily trasformati. Se l'obiettivo era quello di ridurre le emissioni di CO2, non si può non rimanere di stucco. Tali mezzi, nella versione a metano, costano circa 85 mila euro. Già col metano si risparmia circa il 20/25% di emissioni di CO2. Col biometano siamo vicini al 100%. Due conti: con quello che è stato speso per un solo minibus a idrogeno, si sarebbero potuti acquistare ben diciotto minibus a metano. E cosa dire della stazione di rifornimento di Panchià, se non che l'idrogeno arriva dalla Linde, dunque prodotto industrialmente, probabilmente dal reforming del metano? L'impianto, stando alle delibere della Giunta provinciale di Trento, è costato la bellezza di 1,5 milioni di euro. Con tale somma, si sarebbero potuti realizzare quattro/cinque impianti di rifornimento di metano, che in val di Fiemme non esistono, nonostante qualche fin troppo ottimistico annuncio in passato, e sono altrettanto scarsi in tutta la provincia di Trento, che ne dispone di soli quattro rispetto alla dozzina del vicino Alto Adige, per tacere dei 25 in Tirolo».
In sostanza, dice De Luca, «con i soldi finora spesi si sarebbero potuti acquistare 36 minibus a metano, realizzare quattro/cinque distributori a metano e dunque dare veramente la possibilità, sia per il trasporto pubblico locale che per i privati, di un concreto aiuto all'ambiente». Per De Luca (ma non solo per lui, visti i commenti di questi ultimi mesi anche in valle di Fiemme) «un evidente caso di sperpero di fondi pubblici», dimenticando «alternative ben più a buon mercato che c'erano e ci sono». Per ribadire come, in definitiva, «ci sia materia per la Corte dei Conti». Per quanto riguarda l'impianto di Panchià, ben pochi in Fiemme conoscono la sua ubicazione (all'entrata del paese per chi viene da Tesero), su terreno tra l'altro, ricorda il sindaco di Ziano Fabio Vanzetta , «preso in affitto a costi molto alti, mentre i mezzi a idrogeno sembrano essere spariti». L'argomento è caldo. Se ne è discusso ieri sera nella Conferenza dei sindaci, anche per capire quale sia la posizione della Comunità territoriale che, per bocca del suo presidente Raffaele Zancanella ( l'Adige di domenica scorsa), ha annunciato un prossimo incontro con l'assessore provinciale Mauro Gilmozzi , del quale mai aveva parlato nella riunione settimanale con i sindaci. Questo, assieme al discorso del piano stralcio, ancora sulla carta dopo anni di promesse, è probabilmente l'argomento più caldo di questo particolare momento politico.