Maltrattamenti, alla Rsa 40 giorni con le telecamere
Per quaranta giorni le telecamere nascoste della Squadra mobile di Trento hanno ripreso cosa avveniva nella casa di riposo di Vigo di Fassa. Ora i filmati sono la principale fonte di prova in mano al magistrato che ha aperto l'inchiesta per maltrattamenti a carico di cinque operatori della struttura. Agli indagati vengono contestati gratuiti atti di violenza e sfottò nei confronti degli anziani. Oltre ai video, però, ci sono anche le deposizioni di operatori sanitari che non hanno lesinato critiche a come alcuni colleghi trattavano gli ospiti
VIGO DI FASSA - Quaranta giorni e quaranta notti. Nulla di biblico: parliamo delle indagini con telecamere nascoste condotte dalla Squadra mobile di Trento presso la casa di riposo di Vigo di Fassa. È stato un occhio elettronico, di cui nessuno sapeva all'interno della struttura, a vegliare come venivano trattati e accuditi due anziani ospiti della Rsa fassana. Ora i supporti informatici con le registrazioni sono la principale, ma non l'unica, fonte di prova in mano al pm Pasquale Profiti che ha aperto un fascicolo su un'ipotesi di maltrattamenti.
Naturalmente si tratta di accuse ancora tutte da provare, ma intanto un dato certo c'è: sono appunto le registrazioni. I video non sono ancora stati depositati agli atti e dunque per ora sono coperti da segreto istruttorio. Neppure i legali dei cinque operatori sanitari a cui è stato inviato un avviso di garanzia - gli avvocati Paolo Dematté, Stefano Daldoss e Stefano Tomaselli - hanno potuto visionare le immagini. Anche per questo le difese, pur respingendo tutti gli addebiti, sin qui hanno preferito avvalersi della facoltà di non rispondere finché il quadro probatorio non si sarà chiarito.
La procura ha contestato ai cinque indagati gli episodi ripresi dalle telecamere e sommariamente descritti nell'avviso di garanzia. Come abbiamo scritto sull'edizione di ieri, non si può certo parlare di «lager» per vecchietti. Tuttavia nessuno vorrebbe che i propri anziani genitori subissero trattamenti come quelli contestati dagli inquirenti: oltre a gratuiti atti di violenza come il caso di un vecchio a cui vengono tirate le orecchie, quel che non è giustificabile sono gli sfottò rivolti a persone che non avevano alcuna possibilità di difendersi e neppure di denunciare quanto stava loro accadendo. Uno degli ospiti con problemi di demenza aveva l'abitudine di ripetere a voce alta quanto gli si sussurrava in un orecchio. Pare che qualcuno si prendesse gioco del poveretto dicendogli in un orecchio frasi qui irripetibili. Sarà la magistratura a stabilire se siano comportamenti penalmente rilevanti, ma certo se tutto ciò dovesse essere confermato si tratterebbe di un'inaccettabile lesione della dignità di persone anziane e malate.
Gli investigatori hanno potuto verificare attraverso le telecamere come venivano trattati solo due pazienti (tra l'altro uno di questi è poi deceduto). Secondo la difesa erano utenti molto problematici, a tratti anche violenti. Certo questo può aiutare a contestualizzare la situazione, ma non giustifica comportamenti vessatori o di derisione. E comunque anche i pazienti difficili hanno diritto ad essere trattati con umanità.
I video, però, non sono l'unica fonte di prova. Ci sono anche le deposizioni rese da familiari di altri ospiti che, pur non facendo riferimento ad espliciti atti di violenza, sottolineano di aver avuto il sospetto che i loro cari fossero trattati con una certa sufficienza per non dire incuria, con riferimento in particolare all'igiene personale. Agli atti ci sono anche le deposizioni rese da operatori sanitari che non hanno lesinato critiche a come alcuni colleghi trattavano gli ospiti. E questa potrebbe essere una prova importante per la procura visto che si tratta di testimoni qualificati e diretti. Intanto le indagini della Squadra mobile proseguono.