Convegno sul rischio idrogeologico "L'importanza di comunicarlo bene"
Alluvioni, frane, colate e valanghe. Sono tutti fenomeni naturali che si verificano con frequenza nei territori montani, com’è quello trentino. Un tema quello del rischio idrogeologico che, oltre a essere una questione complessa, sta diventando sempre più di attualità anche per il verificarsi degli effetti dei cambiamenti climatici.
Sono ancora vive nella memoria - e, probabilmente, lo rimarranno per un bel po’ - le immagini legate al maltempo di fine ottobre con la loro cruda descrizione della devastazione portata in buona parte dell’abitato di Dimaro, in Val di Sole, dal rio Rotian, fuoriuscito dal proprio argine. O, ancora, quelle che nel luglio scorso hanno raccontato il disastro lasciato a Moena, in Val di Fassa, dall’esondazione del rio Costalunga. Proprio il paese di Moena, è stato scelto come sede di un interessante convegno promosso dal progetto scientifico «Life Franca» con l’obiettivo di porre l’attenzione sulla fragilità propria di un territorio alpino e, al tempo stesso, promuovere nella collettività una cultura di anticipazione e prevenzione dei rischi alluvionali.
Prevenzione e anticipazione che possono nascere solo dall’approfondita conoscenza degli eventi stessi, dalla crescita di una consapevolezza dei rischi nella popolazione e da una corretta comunicazione della gestione dei fenomeni. «Ben sapendo però che non esisterà mai un livello di sicurezza pari a zero - sottolinea Luigi Fraccarollo del Dipartimento di Ingegneria civile, Ambientale e Meccanica dell’Università degli Studi di Trento, che in quell’occasione ha illustrato gli scopi del progetto europeo Life Franca -. C’è sempre un rischio residuale. Il rischio idrogeologico è difficile da valutare proprio perché si presenta in forme diverse e anche per questo risulta difficile comunicarlo ai cittadini».
Uno dei filoni principali del percorso, che mette insieme diverse competenze scientifiche, riguarda la comunicazione, come illustrato durante il convegno da Giancarlo Sturloni di NatCom - Communicating nature, science & environment, che nel suo intervento ha evidenziato le buone pratiche legate alla condivisione delle informazioni sui rischi naturali (cosa comunicare e come farlo) e ciò che si deve evitare per favorire scelte e comportamenti consapevoli a tutela della sicurezza individuale e collettiva.
Comunicazione che prende le mosse anche dalla conoscenza dei fenomeni idrogeologici generati dalle piogge e non e dall’analisi dei problemi e degli effetti a essi collegati: Riccardo Rigon del Dipartimento di Ingegneria Civile Ambientale e Meccanica (Università di Trento) ha, quindi, mostrato la differenza tra, ad esempio, una colata di fango, una colata detritica, una frana, la piena di un torrente descrivendone gli elementi caratterizzanti, le cause e le dinamiche.
Marco Borga (Università degli Studi di Padova - Dipartimento Territorio e Sistemi Agro forestali), invece, ha introdotto il tema della «memoria storica» legata a un evento presentando un’analisi del rischio dal punto di vista sociologico: ha illustrato le esperienze raccolte in provincia di Trento attraverso interviste a cittadini di alcuni comuni fatte a seguito del verificarsi di un evento, a breve distanza dello stesso, e dopo un intervallo molto lungo, allo scopo di capire la percezione che si ha del rischio e quali sono le figure di riferimento cui la popolazione si rivolge in caso di emergenza: i vigili del fuoco, ad esempio, sono un fattore positivo.
La giornata di studi è culminata con la visita alla briglia di trattenuta del rio Costalunga (i Bacini Montani hanno spiegato la carta del pericolo per Moena contestualizzandola alla luce dell’evento del 3 luglio) e con la narrazione della propria esperienza da parte dei sindaci di Moena, Edoardo Felicetti, e di Baselga di Pinè, Ugo Grisenti. «I loro racconti - commenta ancora Fraccarollo - hanno mostrato come l’esperienza vissuta diventa poi un patrimonio condiviso che si trasforma in atti e procedure che consentono la gestione futura degli eventi».
Infine, Giorgio Rosatti (Università di Trento - Dipartimento di Ingegneria civile, Ambientale e Meccanica) e Daniele Rossi (Distretto Idrografico delle Alpi Orientali) hanno spiegato come nasce la mappa del pericolo e i contenuti della direttiva alluvioni e la sua implementazione a livello distrettuale. Ha chiuso il convegno la discussione, moderata da Roberto Poli e Rocco Scolozzi (Dipartimento di Sociologia e Ricerca sociale dell’Università di Trento).