Omicidio stradale, guidatore assolto La vittima fu Mattia Sommariva investito mentre era sul monopattino
Non ci sono responsabili penali per la morte del 19enne Mattia Sommariva, travolto e ucciso nei pressi di Moena il 9 aprile dell'anno scorso mentre attraversava la strada sul suo inseparabile monopattino.
Loris Cocca, il 34enne cuoco campano alla guida dell'auto, ieri al termine di un processo con rito abbreviato è stato assolto dal giudice Claudia Miori dall'accusa di omicidio stradale aggravato.
L'imputato, che ha trascorso 14 mesi in custodia cautelare in gran parte agli arresti domiciliari, è stato giudicato colpevole solo per fuga in seguito ad incidente stradale: per questo reato la pena è stata di 14 mesi di reclusione, più due anni di sospensione della patente. La difesa, sostenuta dagli avvocati Marco Vernillo e Antonio Saracino, è riuscita ad evitare una condanna che rischiava di essere molto pesante se non fossero cadute le imputazioni principali. La procura, infatti, aveva chiesto per Cocca 5 anni di reclusione. Dal processo invece era già uscita la parte lesa che aveva ritirato la costituzione di parte civile. Sul fronte risarcitorio sono in corso trattative con l'assicurazione.
La tragedia si era consumata a Someda, sulla strada tra Soraga e Moena il 9 aprile 2018, poco lontano dall'Hotel Vallechiara gestito dalla famiglia Sommariva.
Il ragazzo, come faceva spesso, aveva inforcato il suo monopattino e si era avviato lungo la strada de Pecé, dove era stato investito frontalmente dalla Ford Focus condotta dal 34enne campano. Il parabrezza del mezzo, a causa dell'impatto, si era rotto, ma il conducente non si era fermato, lasciando il 19enne riverso a terra, incosciente. I soccorsi erano stati rapiti, ma purtroppo per Mattia non c'era stato nulla da fare.
Era subito scattata la caccia al «pirata» della strada che in breve portava all'arresto di Cocca, rintracciato al lavoro nel ristorante dove faceva il cuoco. Per lui scattò l'arresto per omicidio stradale, aggravato dalla fuga e dall'essersi messo alla guida sotto l'effetto dell'alcol, oltre che dall'avere proceduto ad una velocità ritenuta non adeguata alle condizioni della strada.
Dopo l'arresto l'uomo aveva ammesso le sue responsabilità, negando però di essersi messo alla guida ubriaco e spiegando di essere scappato in preda al panico. «Non sono più stato in grado di ragionare - aveva raccontato Cocca al suo avvocato - Ho avuto paura e sono andato a casa a Moena dove ho bevuto della birra. Poi, ancora sotto shock, sono andato al lavoro in albergo».
La difesa è riuscita a ridurre la portata delle accuse grazie soprattutto a due consulenze tecniche: tossicologica e cinematica. La prima ha stabilito - sulla base della curva di Widmark che misura l'andamento della concentrazione di alcol nel sangue - che il conducente aveva bevuto davvero dopo l'incidente stradale. Dopo oltre un'ora e mezza dal sinistro, i valori alcolemici erano ancora in crescita (1,57 e 1,60, tre volte oltre i limiti).
Sulla dinamica dirimente è stata la perizia disposta dal giudice a fronte di risultati discordanti delle consulenze prodotte da accusa e difesa. Il perito ha confermato che l'auto viaggiava una decina di chilometri orari oltre il limite dei 50. Tuttavia l'impatto sarebbe stato imprevedibile e non evitabile da parte del conducente perché Mattia con il suo monopattino avrebbe invertito all'improvviso il senso di marcia mentre si trovava nel mezzo della strada.
L'automobilista tuttavia aveva il dovere di fermarsi e prestare soccorso al ragazzo. Invece accelerò cercando di far perdere le proprie tracce. Un comportamento non giustificabile neppure da uno stato di shock. Infatti per la fuga Loris Cocca è stato condannato.